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bonifica ambientale e fallimento

Bonifica Ambientale e Fallimento: Nessun Obbligo per la Curatela

AmbientaleOttobre 26, 2019

In tema di inquinamento ambientale il potere del curatore di disporre dei beni fallimentari (secondo le regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti e perciò la curatela fallimentare (a meno che non vi sia una prosecuzione dell’attività) non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell’imprenditore fallito, con conseguente esclusione del curatore stesso dalla legittimazione passiva dell’ordine di bonifica.

Questo è l’assunto cui è giunto il Tar di Cagliari, Sez. II, con sentenza n. 722 del 27 agosto 2019.

In una vicenda assai complessa che ha visto susseguirsi differenti realtà aziendali nella gestione di un sito produttivo si evidenziava che lo stato di potenziale contaminazione delle matrici ambientali sulle aree contestate era stato segnalato diversi anni prima dalla vecchia proprietà, mentre per contro, la nuova società si trovava a gestire l’impianto solamente per pochi mesi e prevalentemente per operazioni di decommissioning degli impianti di VCM e PVC.

La società subentrata, in considerazione della ineludibile e comprovata origine storica della contaminazione ambientale non poteva, nella persona del curatore fallimentare, essere chiamata in causa.

In tal senso il Collegio si è espresso essenzialmente affermando il principio di “non identità” tra gli obblighi dell’impresa fallita e quelli spettanti (e suscettibili di ordine) alla curatela fallimentare.

Conformi a questo indirizzo si sono già espressi in passato TAR Catania, TAR Bologna e Tar Lombardia. Quest’ultimo, specificatamente la Sezione III, nella sentenza n. 520 del 3 marzo 2017 afferma che “Il fallimento non può essere reputato un subentrante, ossia un successore, dell’impresa sottoposta alla procedura fallimentare. La società dichiarata fallita, invero, conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio”.

Già tempo addietro il Consiglio di Stato ebbe ad anticipare i concetti giurisprudenziali oramai cristallizzatisi nel tempo con la pronuncia del 2009, n. 3885.

In definitiva quindi, possiamo asserire che la curatela non può essere destinataria, a titolo di “responsabilità di posizione”, di provvedimenti diretti di ripristino/bonifica ambientale dei territori, non subentrando essa negli obblighi correlati all’eventuale responsabilità del fallito.

Sostenendo il contrario si rischierebbe di sovvertire uno dei principi cardine del diritto ambientale ossi “chi inquina paga”, scaricando sui creditori dei costi che non hanno alcun collegamento diretto ed indiretto con l’inquinamento.

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