Bonifica Siti Orfani: cosa dice il decreto
Con il Decreto datato 29 Dicembre 2020 concernente il “Programma nazionale di finanziamento degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti orfani”, il legislatore ha deciso di intervenire direttamente su un argomento di capitale importanza.
Tutto ciò al fine di attuare in primis una politica ambientale che realizzasse concretamente un’opera di bonifica di aree abbandonate, e che in secondo luogo prevenisse le ripercussioni immediatamente derivanti da una mancata bonifica sul diritto alla salute, tenuto anche conto della crescente incidenza cancerogena registratasi nel corso degli anni derivante dalla inalazione e respirazione di sostanze tossiche.
Per comprendere meglio la portata di questa legge è necessario in primo luogo riallacciarsi alla definizione di “sito orfano” così come viene fornita dall’art.2 del Decreto emanato dal Ministero dell’Ambiente: all’interno della presente disposizione legislativa è possibile ritrovare due definizioni da un punto di vista oggettivo e soggettivo.
Al comma a) il legislatore rimanda alla dicitura espressa all’Art.244 del Dlgs 152/2006, secondo cui sussistono due condizioni oggettive fattuali perché si possa qualificare un sito come “orfano”:
- il livello di contaminazione è superiore al valore concentrazione soglia di contaminazione;
- il soggetto chiamato a realizzare una determinata opera di bonifica non sia individuabile. Al comma b si analizza la problematica da un punto di vista soggettivo, riallacciandosi alla dicitura normativa espressa nel Titolo V del DLGS 152/2006, segnatamente agli articoli 242 e 245: il primo articolo pone in capo al soggetto responsabile l’onere di verificare che “il livello di concentrazione soglia di contaminazione non sia stato superato, e provvedere accertato al ripristino della zona contaminata entro 48 ore”.
Un ulteriore onere gravante sul soggetto inquinante si evince al paragrafo 7 e consiste per il legislatore, nel caso in cui il livello di concentrazione dei contaminanti sia superiore al livello soglia di rischio, di sottoporre alla Regione entro 6 mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio il progetto operativo degli interventi di bonifica e messa in sicurezza del sito ambientale.
Ponendo in correlazione la dicitura normativa contenuta al comma b dell’art.2 del decreto in questione con l’Art.245 del DLGS 152/2006 emerge inequivocabilmente la responsabilità da un punto di vista omissivo imputabile al soggetto inquinante, nel caso in cui quest’ultimo non adempiesse all’opera di bonifica del sito con gli strumenti a sua disposizione, determinandone la qualifica di “orfano”.
Tuttavia occorre notare come la presente normativa non trovi applicazione in riferimento ad una qualsiasi opera di bonifica ma come indicato all’art.3 vi sono alcune condiciones sine quae non purchè la presente disposizione legislativa trovi applicazione, di seguito le più significative;
- l’intervento di bonifica non deve essere stato precedentemente finanziato,
- l’intervento non deve essere afferente ad una struttura edilizia oppure impiantistica, eccezion fatta per un intervento consistente nella bonifica delle matrici ambientali.
Al fine di comprendere la strategia attinente al mezzo di implementazione del piano occorre poi notare come il legislatore non abbia previsto un solo criterio univoco su base nazionale, ma abbia concesso a ciascuna Regione di provvedere a redimere i propri criteri valutativi allo scopo di individuare un sito orfano e conseguentemente intervenire con i mezzi ritenuti più congrui all’opera di bonifica.
La condizione che si evince dalla lettura dell’art.4 comma 2 presuppone in forma inequivocabile una tutela della collettività ai sensi dell’art. 29 della Costituzione per il fatto che la bonifica di un sito “orfano” debba costituire un mezzo di prevenzione rispetto al rischio di una immediata lesione del fondamentale diritto alla salute, in ragione della potenziale presenza di sostanze cancerogene al proprio interno.
Al comma 3 del medesimo articolo viene stabilito come in capo alle Regioni vi sia un obbligo comunicativo nei riguardi del Ministero indicante l’individuazione di uno o più siti orfani e la modalità di intervento adeguata, condizione necessaria e sufficiente perché il Ministero provveda a stanziare ed erogare la cifra necessaria all’attuazione del piano di bonifica.
La competenza delle Regioni viene poi affermata all’interno dell’Art.6 del presente decreto, che attribuisce alle regioni ed alle province autonome un obbligo di controllo e monitoraggio sugli interventi di bonifica del sito orfano.
Per capire in concreto la misura di attuazione operata dall’ente regionale, occorre fare specificamente rimando a due articoli contenuti nel T.U.A., segnatamente l’art.248 e l’art. 253 del DLGS 152/2006.
All’articolo 248 comma 2 si afferma come, a prescindere dal fatto che l’intervento sia realizzato dal soggetto privato o dallo stesso ente locale, spetti alla provincia di riferimento del sito contaminato procedere alla verifica di adempiuta bonifica, con predisposizione documentale adoperata dall’Agenzia Regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente.
L’art.253 disciplina invece in maniera concreta ed approfondita i rapporti tra la P.A. ed il proprietario incolpevole nonché soggetto privato; il comma 3 di detto articolo pone, quale threshold criteria di ripetizione delle spese nei confronti del proprietario incolpevole, il fatto che non fosse stato precedentemente possibile accertare l’identità del responsabile e la conseguente impossibilità di esperire un’azione risarcitoria del danno ambientale causato.
Al successivo comma 4 il legislatore del 2006 ha poi chiarito come in realtà il proprietario, anche se incolpevole, sia comunque tenuto a rimborsare la spesa di intervento nel limite del valore di mercato attribuito all’area incontaminata una volta che la bonifica sia stata realizzata.
In conclusione, quale valore attribuire in concreto alla disciplina in questione?
Questo decreto costituisce la disciplina più significativa al fine di prevenire l’inquinamento ambientale e la lesione del diritto alla salute mediante lo spreading di sostanze tossiche.
Assume particolare rilevanza la posizione assunta dagli Ermellini nella sentenza n.1573 del 2019 in riferimento al diritto di rivalsa esercitato dal proprietario incolpevole, a seguito delle sostenute spese di bonifica, nei riguardi del soggetto responsabile dell’inquinamento: secondo il parere espresso dai giudici cassazionisti nella sentenza in questione non vige il principio di responsabilità solidale ex art. 2055 del codice civile per il fatto che “la tutela predisposta sia di tipo indennitario e non risarcitorio, in quanto il contenuto dell’obbligazione ex lege non basa il suo fondamento su un illecito ma sul fatto obbiettivo dell’inquinamento derivante dalla violazione di norme imperative”.