Inquinamento elettromagnetico
Nell’ordinamento non è presente una nozione di inquinamento elettromagnetico, tuttavia esso può essere definito come la generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali, cioè non attribuibili al naturale fondo terrestre o ad eventi naturali, ad esempio il campo elettrico generato da un fulmine.
Si tratta di una forma di inquinamento che ha assunto rilevanza, anche giuridica, solo in epoca relativamente recente, a fronte dello sviluppo dei sistemi di telecomunicazione e della loro enorme diffusione capillare sul territorio.
Anche in virtù di ciò, sulla base delle conoscenze scientifiche e attualmente disponibili, non è possibile individuare con certezza quali effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute umana siano da considerarsi conseguenza dell’emissione e dell’esposizione ad onde elettromagnetiche.
Pertanto la normativa per inquinamento elettromagnetico viene ritenuta un chiaro esempio di legislazione fondata sul principio di precauzione, cui d’altronde la normativa stessa, all’art. 1 della legge quadro n. 36 del 2001, fa espresso riferimento.
Sebbene già dall’inizio degli anni ’90 siano stati introdotti limiti di esposizione per campi elettromagnetici a bassa frequenza con il D.P.C.M. 23 aprile 1992, una normativa in tema di inquinamento elettromagnetico è stata emanata solo con la legge n. 36 del 2001 e con i due decreti attuativi del 2003, l’uno riguardante i campi elettromagnetici a bassa frequenza, causati dagli elettrodotti, e l’altro i campi elettromagnetici ad alta frequenza, causati impianti radio-TV e di telefonia mobile.
Per entrambe le tipologie di campi elettromagnetici vengono previsti ai fini della tutela della salute da effetti acuti limiti di esposizione, i quali non devono essere superati in alcuna condizione di esposizione della popolazione. Come misura cautelare ai fini della protezione da effetti a lungo termine sono invece stabiliti valori di attenzione, che non devono essere superati in buona approssimazione nei luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere; ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici e della massimizzazione e del miglioramento della tutela della salute dai rischi connessi sono poi fissati i c.d. obiettivi di qualità, i quali consistono sia in valori di campo elettromagnetico definiti dallo Stato sia in criteri localizzativi, standard urbanistici, prescrizioni e incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili indicati dalle leggi regionali.
In caso di superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente o di un impianto che genera onde elettromagnetiche sono previste sanzioni amministrative pecuniarie da euro 1.032 fino ad euro 309.874 ed è escluso il pagamento in forma ridotta ai sensi dell’art. 16 della legge n. 689 del 1981.
Quando, oltre al superamento dei valori-soglia si concretizza e si dimostra il nesso causale tra le onde elettromagnetiche e la lesione all’integrità psicofisica di una persona la tutela può assumere contorni di rilievo penalistico con riferimento all’art. 674 c.p.
Inoltre, proprio per l’inquinamento elettromagnetico, il privato cittadino sottoposto ad esposizioni superiori ai limiti di legge può avvalersi della tutela civilistica inibitoria statuita per l’appunto dall’art. 844 c.c.
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