Servizio Idrico Integrato: la legislazione a riguardo
Una prima riflessione dai tratti generali, non può non prendere le mosse dalla comune osservazione che l’acqua è un bene essenziale e che in quanto tale chiama in causa “direttamente il diritto alla vita”; fatta questa premessa e con particolare riguardo al servizio pubblico integrato, è necessario anzitutto mettere a punto una definizione che sia in grado di comprenderne ed al tempo stesso circoscriverne la portata esatta.
Per cominciare, giova osservare come il suo inquadramento generale lo porti ad annoverare senz’altro fra i servizi pubblici. Del resto, nella sua ricostruzione unitaria ne emerge una sua natura composita, risultando tale servizio come una sorta di sineddoche di più servizi pubblici che prima della riforma del 1994 ruotavano intorno ad un bene essenziale per la collettività, la risorsa idrica.
Inoltre, la sua natura di servizio pubblico deriva altresì dal rappresentare l’acqua un bene del demanio naturale; emblematica al riguardo, la definizione di cui all’art. 144, comma primo, codice dell’ambiente, che, abrogando la precedente nozione più estesa di cui all’art. 1 della legge Galli, così recita: “tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato”.
D’altra parte, la gestione dei servizi idrici resta un servizio pubblico anche dal punto di vista storico: già in epoca romana, infatti, alla distribuzione di acque derivate da fonti e corsi pubblici si provvedeva mediante la costruzione e gestione di pubblici acquedotti sotto la direzione delle autorità amministrative.
Successivamente la materia è stata regolamentata dal d.lgs. n. 152 del 2006 (artt. 141 sgg.). L’art. 141, comma 2, definisce il servizio idrico integrato come “l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue che deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie”.
In base all’art. 147, i servizi idrici sono organizzati sulla base di “Ambiti territoriali ottimali” (ATO) definiti dalle Regioni, che dovrebbero garantire lo svolgimento del servizio secondo criteri di “efficienze, efficacia ed economicità”.
L’art. 150, invece, (ora abrogato) affidava la scelta delle forme di gestione all’ATO, fra quelle previste dall’art. 113, comma 5, TUEL. Infine, l’art. 154 qualifica la tariffa come il corrispettivo del servizio idrico integrato e ne individua le singole quote o componenti di costo, tra cui l’adeguata “remunerazione del capitale investito”.
Dal punto di vista numerico, peraltro, attualmente in Italia sono dati riscontrare 64 Ambiti Territoriali Ottimali, retti dagli Enti di Governo dell’Ambito a cui partecipano tutti i Comuni ricadenti nel territorio dell’A.T.O. ed ai quali è trasferito l’esercizio delle competenze dei Comuni in materia di gestione delle risorse idriche.
Inoltre, è da rilevare che alcune delle disposizioni contenute nel d. lgs. n. 152 del 2006 sono state modificate o abrogate recentemente dall‟art. 7 del d. l. n. 133 del 2014.
Tra l’altro, è stato abrogato l‟art. 150 e inserito l‟articolo 149-bis, a tenor del quale “L’ente di governo dell’ambito […] delibera la forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L’ affidamento diretto può avvenire a favore di società in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, partecipate esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell’ ‟ambito territoriale ottimale”.
Sincronicamente, invece, la giurisprudenza, soprattutto amministrativa, ha puntualizzato come il servizio pubblico integrato vada ascritto all’insieme di tutti gli elementi “dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura, e di epurazione delle acque reflue, compresi i servizi di captazione adduzione ad usi multipli ed i servizi di depurazione ad usi misti civili e industriali e deve essere gestito secondo principi di efficienza ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie”.
Legami compositi avvincono il rapporto intercorrente fra gestore del servizio idrico ed utenza, configurandolo per lo più come contratto misto affine alla somministrazione ai sensi dell’art. 1559 c.c., trattandosi peraltro di un’attività non esercitata come munus pubblicum, ma esercitata jure privatorum, con la conseguenza che l’inadempimento, ove sussistente, obbliga il somministrante al risarcimento del danno.