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storica sentenza della corte costituzionale tedesca in tema di sostenibilità ambientale

Sostenibilità Ambientale: cambio di paradigma dopo la storica sentenza tedesca del 2021?

La questione di diritto ambientale (ma che in realtà investe numerose altre altre branche del diritto tradizionalmente compartimentalizzato nella tradizione giuridica del civil law) afferente al piano di implementazione in materia di sviluppo sostenibile è tuttora oggetto di forte dibattito e discussione all’interno di diversi stati, europei e non, ratificanti la Carta di San Francisco.

Nella storica pronuncia datata 29 Aprile 2021, la Corte Costituzionale Tedesca (Bundesverfassungsgericht- BvG) ha ritenuto che la legislazione in materia di protezione climatica approvata dal Parlamento Tedesco non prevedesse in concreto tutela nei confronti delle generazioni future, anche in considerazione degli effetti immediatamente derivati dall’implementazione dell’Agenda ONU 2030.

In particolare si deduce come la Corte di Karlsruhe abbia correlato lo sviluppo sostenibile alla tematica attinente alla protezione di diritti umani fondamentali, attribuendo maggiore rilevanza tanto al profilo inter-generazionale (generazioni future) quanto a quello intra-generazionale (global obligations).

La questione non costituisce un fattore ex novo emergente nella giurisprudenza tedesca: già nel 2017 l’Unione di Coltivatori Tedeschi aveva adito in giudizio, dinnanzi al Tribunale Amministrativo Berlinese, lo Stato Federale per non aver saputo garantire in misura sufficiente adeguata protezione al diritto alla vita ed alla proprietà privata.

La doglianza effettivamente presentata in giudizio atteneva in primis all’obbligo in capo allo stato di prevenire alcuna violazione arbitraria in materia di diritti umani, in secundis al compito di garantire ai singoli cittadini le libertà individuali conformemente ai valori previsti nella carta costituzionale.

Il Tribunale investito della questione dal canto suo riconobbe agli stati un margine di discrezionalità concernente l’adempimento dell’obbligazione, e ritenendo che lo Stato avrebbe potuto essere riconosciuto colpevole nel solo caso in cui qualsiasi misura adottata si fosse rilevata inefficace.

Analizzando la pronuncia della Corte Costituzionale del 2021 immediatamente successiva alla promulgazione della legge, emerge come lo Stato tedesco disponga uno strategic planning, allo scopo di ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica, molto efficace fino al 2030 per poi riservarsi di decidere in futuro in merito al piano di attuazione della UN AGENDA per il post 2030.

Proprio questo ultimo aspetto emerge dal reasoning dei giudici federali come una mancata strategia implementativa; tale gap assumerebbe un carattere omissivo rispetto alla protezione di diritti umani e libertà fondamentali, ritenendo quest’ultima questione come il threshold criteria per dichiarare o meno legittimità della Grundnorm in questione.

Particolarmente interessante è l’analisi della Corte nei riguardi del Bruntland Report, un atto avente formalmente carattere di soft law ma di fortissima importanza da un punto di vista sostanziale per il fatto che per la prima volta la nozione di sviluppo sostenibile. All’interno di suddetta previsione, che prende il nome dalla giurista norvegese Gro Harlem Bruntland e che venne pubblicata a seguito dell’istituzione della Commissione Mondiale Ambiente e Sviluppo nel 1987, si parla della sostenibilità come di una dimostrazione di coscienza e responsabilità in capo a ciascun individuo affinché le ripercussioni derivanti dalle proprie azioni non si manifestino nei riguardi delle generazioni future.

Questo principio potrebbe essere identificato come la base del ragionamento che ha portato la Corte a ritenere l’atto incostituzionale sulla base della carenza di programmazione manifestata dal governo federale  nei riguardi delle future generazioni. Occorre poi osservare attentamente il reasoning analiticamente operato dalla BvG all’equità, tanto sotto un profilo intra-generazionale quanto sotto un profilo intergenerazionale.

Il profilo intra-generazionale attiene alla possibilità che realizzi giustizia ed equità in senso trasversale alla generazione presente ed a prescindere dall’esercizio di giurisdizione, in considerazione del fatto che questo aspetto coinvolga la necessità di soddisfare diritti umani fondamentali, quali il vivere in una condizione politica pacifica ed all’interno di un contesto ambientale stabile.

Nel caso de quo, tra gli attori sollevanti questione di legittimità costituzionale vi erano anche cittadini del Nepal e del Bangladesh, le cui tesi difensive esplicitamente parlavano di violazione dei diritti umani fondamentali legalmente fondate sul fatto che lo stato tedesco, in quanto non previgente tutela per il post 2030, avrebbe potuto essere considerato responsabile da un punto di vista omissivo.

La recente giurisprudenza del Tribunale Federale Tedesco ha sviluppato un orientamento nomofilattico sotto un profilo omissivo, non definendo tuttavia in maniera compiuta il profilo della extraterritorialità. Ai paragrafi 29 e 30, nell’analizzare la questione sotto il profilo della obbligazione di protezione extraterritoriale, i giudici costituzionali tedeschi sottolineano come gli stati maggiormente responsabili, in misura superiore alla metà, in fatto di inquinamento e conseguentemente di environmental harm siano quelli maggiormente industrializzati, specificando come il Bund (Unione Federale Tedesca) sia responsabile del 2% delle emissioni globali.

Sebbene non avesse inequivocabilmente affermato la sussistenza di una vera o propria obbligazione in capo allo stato tedesco in materia di protezione ambientale extraterritoriale, la corte federale tedesca ha manifestamente ritenuto che l’obbligazione in capo al governo centrale fosse maggiormente rivolta a cittadini residenti in Germania: a completamento della sua argomentazione è stato poi ribadito come la Germania abbia poi rispettato la revisione sancita nello UN Climate Change Agreement ratificato a Versailles nel novembre 2015, specificamente all’art. 9, che obbliga “le nazioni sviluppate economicamente ed industrialmente ad aiutare le nazioni in via di sviluppo da un punto di vista finanziario”, sottolineando come lo stato tedesco debba sempre adempiere ad obbligazioni vincolanti sotto un profilo di diritto internazionale nei confronti di cittadini residenti all’estero.

Nel presente giudizio, conclusosi con il respingimento delle questioni sollevate in giudizio, sebbene esse non fossero manifestamente infondate, la Corte Federale ha ritenuto che fossero state adottate delle misure concretamente in direzione della tutela e salvaguardia dei diritti umani per le generazioni correnti con deadline 2030, asserendo che vi sarebbe stata evidente violazione da un punto di vista omissivo nel caso in cui non fosse stata prevista alcuna misura in follow-up agli Accordi di Parigi.

Il secondo profilo, quello afferente all’equità intergenerazionale, è un principio insito all’interno della nozione di sviluppo sostenibile analizzata nell’interesse delle generazioni future, concetto poi concretamente tradotto nel ruling case dalla Corte Costituzionale Tedesca: in riferimento alla domestic provision, segnatamente all’art. 20 lettera a, i giudici ritengono come “lo stato tedesco debba tenere a mente le sue responsabilità nei riguardi delle generazioni future, in particolar modo allo scopo di proteggere le colonie naturali di animali ed il relativo ambiente”.

Inoltre la Corte tedesca crea un nuovo concetto a rilevanza giuridica, quello dei “pre-effetti”, termine con cui si riferisce alle condotte attive ed omissive perpetrati dalle generazioni attuali, precursori di conseguenze nel lungo periodo e di consequenziali future limitazioni della capacità di godimento delle libertà fondamentali.

A tal fine, la Corte ribadisce come sia compito delle generazioni attuali quello di bilanciare adeguatamente l’utilizzo della riserva disponibile di Co2 (carbon budget) con gli sforzi di riduzione (investimenti economici e transizione ecologica in senso più ampio) tesi alla salvaguardia ambientale, al fine di prevenire potenziali minacce insorgenti a seguito del cambiamento climatico che siano foriere di importanti restrizioni nel godimento delle libertà fondamentali delle prossime generazioni umane e lesive della biosfera intera.

Secondo la prospettiva di giustizia inter-generazionale, viene quindi cristallizzato il principio di proporzionalità nella distribuzione nel tempo degli sforzi di riduzione delle emissioni di Co2, riconoscendo nero su bianco che “Prima o poi in futuro, è verosimile che anche gravi restrizioni e perdite di libertà siano considerate proporzionate e giustificate dal diritto costituzionale al fine di prevenire il cambiamento climatico.”

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