0
destinazione d'uso alberghiera: norme e vincoli

Destinazione d’Uso Alberghiera: Normativa e Vincoli

BusinessLuglio 21, 2024

La cellula germinale del vincolo alberghiero è da ascriversi all’introduzione dell’articolo unico della l. 24 luglio 1936 n. 1692, di conversione con modificazioni del. r.d.l. 2 gennaio 1936, n. 274, che vietava l’alienazione o la locazioneper uso diverso da quello alberghiero” degli edifici alla data d’entrata in vigore del r.d.l. “..interamente o prevalentemente destinati ad uso di albergo, pensione o locanda..”, con la correlativa proroga dettata una prima volta con l’art. 1, d.lgs. 19 marzo 1945, n. 117 e che ha ricondotto l’ultrattività dell’efficacia della cit. l. n. 1692 e quindi il vincolo “..fino a cinque anni dalla cessazione dello stato di guerra”, nonché successivamente con ulteriori interventi legislativi.

In seguito e successivamente all’intervento del Giudice delle leggi, l’introduzione dei relativi parametri ha costituito jus receptum per il legislatore successivo.

Con la legge 17 maggio 1983, n 217 – Legge quadro sul turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica –  sono stati dettati i principi fondamentali in materia ed a cui le Regioni avrebbero dovuto conformarsi nell’esercizio della loro competenza legislativa concorrente.

Codesta legge, in particolare, ha previsto la possibilità che le leggi regionali sottopongano a vincolo di destinazione le strutture alberghiere, ai fini della conservazione e della tutela del patrimonio ricettivo e nel perseguimento dell’interesse pubblico dell’utilità sociale, nonché la facoltà dei Comuni di individuare, nell’ambito dei propri strumenti urbanistici, le aree destinate ad attività turistiche e ricettive, determinandone la disciplina di tutela ed utilizzazione, in conformità alle disposizioni regionali eventualmente dettate in materia.

E’ stata espressamente disposta, in particolare, la possibilità di rimozione del vincolo, dando incarico alle Regioni di procedere all’individuazione di criteri e modalità, e subordinando tale limitazione alla comprovata convenienza economico – produttiva della struttura ricettiva.

La giurisprudenza sul vincolo: passato e presente 

La traccia togata del fenomeno ha trovato un importante riconoscimento anzitutto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 4 del 1981, che, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’ultima disposizione di proroga in quanto lasciava inalterato il vincolo alberghiero solo per i vecchi alberghi, mentre quelli realizzati successivamente non ne erano gravati, pur essendo mutato il contesto che giustificava la differenziazione fra gli immobili soggetti alla proroga e quelli invece esonerati dal vincolo, ha statuito che il vincolo alberghiero grava sugli immobili adibiti ad albergo per destinazione del proprietario o per concessione risultante dal contratto d’affitto.

Questo limite è fissato direttamente dalla legge nel prescrivere che l’immobile non possa essere né vendutodato in locazione per uso diverso da quello alberghiero senza autorizzazione degli organi competenti, dove si accerta che la destinazione alberghiera è necessaria per i fini considerati dalla legge, la pubblica autorità, alla quale compete la suddetta autorizzazione, venendo investita di altri poteri, diretti ad assicurare che ogni eventuale trasferimento o locazione dell’immobile avvenga nel rispetto del regime vincolistico.

Sulla scia di questo dictum, la giurisprudenza successiva ha ricavato il principio dell’intrinseca natura temporalmente limitata dei vincoli per l’uso alberghiero di un immobile ed il principio che tali vincoli hanno ragione di esistere in funzione di esigenze concrete e sono destinati naturalmente ad affievolirsi.

Di recente, peraltro, il Sommo Consesso Amministrativo, Adunanza I del 24 febbraio 2021 n. 721, ha preso un’ulteriore ed importante posizione sul cambio di destinazione d’uso per le strutture ricettive alberghiere.

Nella quaestio facti, in particolare, viene contestata la delibera del Consiglio comunale con cui si è disposto che all’interno dei servizi dei c.d. “tessuti turistico – ricettivi ad alta densità” non è ammesso il cambio di destinazione d’uso per le strutture ricettive alberghiere con più di dieci camere, traducendosi secondo parte ricorrente in un vincolo reiterato a tempo indeterminato, con violazione dei principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza.

Quest’assunto, nello specifico, viene giustificato sulla necessità di evitare di snaturare gli orizzonti turistico  – ricettivi, evitando così forme di speculazione derivanti dalla trasformazione delle strutture in immobili destinati ad usi abitativi, anche in considerazione del fatto che spesso le strutture ricettive sono immesse in località di particolare pregio.

Cenni sulle locazioni turistiche e locazioni brevi

Una disciplina ad hoc è dettata dalla normativa inerente alle locazioni turistiche, dove il codice del turismo (d.lgs. 79/2011), ha confermato il potere legislativo delle Regioni in materia turistico albeghiera ed extralberghiera.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 2 lettera c) della L. n. 431/1998 sugli affitti, le locazioni ad uso turistico sono sottratte a gran parte della rigida disciplina della stessa legge, ed ai sensi dell’articolo 43 cit. d.lgs. 79/2011, sono regolati dalle disposizioni del Codice civile in tema di locazione.

Si tratta pertanto di una sorta di mero rinvio legislativo, non regolamentando la legge n. 431/1998 questa particolare forma di locazione, rimandando semplicemente al Codice civile per la parte contrattuale, essendo lo Stato intervenuto in merito essenzialmente con riferimento ad alcuni profili aventi natura fiscale (opzione della cedolare secca del 21% o del 26% e la tassa di soggiorno con la legge 21 giugno 2017 n. 96 di conversione del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria a sostegno degli Enti locali).

Il contratto di locazione ad uso abitativo con finalità turistiche è un particolare contratto di locazione caratterizzato da una durata limitata nel tempo (non più di 30 giorni), il cui scopo principale è quello di soddisfare esigenze temporanee per l’unica finalità turistica ovvero collegabile ad un viaggio o soggiorno per svago, villeggiatura, riposo o qualunque altra causa voluttuaria. Infine il proprietario e l’affittuario devono essere privati cittadini e non devono risultare come imprese o aziende.

Si tratta di una disciplina la cui regolamentazione risulta interamente rimessa alle disposizioni del Codice civile in tema di locazione (art. 1571 c.c. e seguenti).

Dal punto di vista contenutistico il contratto di locazione turistica riguarda gli immobili dati in affitto in tutto od in parte, per finalità esclusivamente turistiche (ex. Art. 1, comma 2, lett. c) della l. 9 dicembre 1998 n. 431, recante Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo).

Tecnicamente il contratto in questione viene tecnicamente definito come “contrato di Locazione Transitoria per Finalità Turistica”, essendo come già avvertito regolato dagli articoli 1571 ss. del cc.

Durante la locazione turistica, in particolare, al proprietario è consentito fornire energia elettrica, acqua, gas, connesione ad internet, climatizzazione e/o riscaldamento, oltre alla manutenzione e riparazione di eventuali guasti agli impianti o agli arredi presenti nell’immobile.

Queste le indicazioni della legge a livello nazionale, che devono essere seguite da tutti gli interessati. Sennonché la normativa si articola in maniera differente in ogni regione italiana, con alcune differenze di limiti e restrizioni introdotte dalle amministrazioni locali.

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (4 votes, average: 5,00 out of 5)
Loading...

Lascia un commento

Your email address will not be published.