Operazioni Transfrontaliere: applicazione direttive UE in Italia
Il decreto di recepimento della direttiva (UE) 2019/2121 segna un cambiamento di paradigma: nell’ambito delle operazioni straordinarie transfrontaliere, il termine “trasferimento” di sede all’estero ha ceduto il passo a “trasformazioni” internazionali o transfrontaliere.
La nozione di trasformazione transfrontaliera è, infatti, assai diversa da quella di trasferimento di sede precedente al decreto. In breve, ciò che rimane, cioè, è l’idea di continuità, ma cambia la legge applicabile.
Il cambio di paradigma ha comportato la modifica del codice civile in materia di cause di recesso. In precedenza, un motivo di recesso era previsto per il trasferimento della sede all’estero; tuttavia, tale previsione è stata abrogata.
Principi Europei e Impatto sul Notariato in Italia
La nuova disciplina europea, come tradotta in Italia dal D.Lgs. n. 19/2023, prevede il recesso per trasformazione transfrontaliera o internazionale, sicché si dovrà ora verificare se nella clausola dei propri statuti il diritto di recesso sia compatibile sia con l’art. 2437 e 2473 c.c. sia con la norma di riferimento del decreto legislativo.
Le fonti di riferimento sono innanzitutto quelle del diritto europeo, integrato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Vi è poi l’art. 25 l. n. 218/1995 che pone criterio fondamentale per cui le società sono disciplinate dalla legge nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica tuttavia la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia o se è in Italia l’oggetto principale della società.
L’ultimo comma della norma citata stabilisce che i trasferimenti della sede statuaria in altro Stato hanno efficacia solo se posti in essere in conformità delle leggi dei due Stati. Fino ad oggi, i trasferimenti con continuità (cioè, mantenendo sempre la stessa società) non erano possibili in quanto, ove un ordinamento non avesse accettato il trasferimento, sarebbe stato necessario liquidare ed estinguere la società per poi procedere alla sua nuova costituzione. Ora, per le operazioni di trasformazione transfrontaliera si considera sempre in regime di continuità, senza che sia necessario fare ulteriori verifiche.
L’ulteriore riferimento è il nuovo art. 2510-bis introdotto con decreto, riguardante il trasferimento all’estero della sede statutaria posto in essere mediante trasformazione in conformità con le disposizioni sulle operazioni transfrontaliere e internazionali.
Le altre fonti da tener presente sono quelle in materia di insolvenza. La Cassazione si è occupata, condannandola, della prassi delle società italiane che trasferivano la sede in altri Paesi per avvantaggiarsi del relativo regime fallimentare, seppur il centro effettivo rimaneva in Italia. Altre fonti sono quelle fiscali.
Il meccanismo introdotto dalla disciplina comunitaria non tiene però conto della realtà della economia e, soprattutto, di quella delle p.m.i. L’iter procedimentale richiede infatti uno sforzo professionale da parte dei consulenti forse eccessivo rispetto allo scopo della maggior parte delle operazioni.
Il ruolo del notaio passa, dunque, dal tipico “mero” controllo di legalità a quello più ampio, quasi sostanziale.
Completato questo excursus sulle discipline che governano la materia delle operazioni transfrontaliere in Italia, rimane aperta la questione della “legge applicabile”.
Dalla lettura dell’art. 25 della l. n. 218/1995 traspare che la trasformazione transfrontaliera non è solo un cambiamento della legge applicabile, ma è proprio cambio di ordinamento in base al quale una società esiste: ne deriva, dunque, la necessaria adozione di un tipo sociale previsto dall’ordinamento di destinazione.
Con riferimento ai profili procedurali, le regole sulla scissione e sulla trasformazione sono state elaborate per differenza rispetto alla disciplina delle fusioni transfrontaliere. Leggendo la direttiva (UE) 2019/2121 pare che si sia voluto considerare queste tre operazioni – che nel nostro ordinamento sono così diverse – come strutturate nello stesso modo.
Anche per le trasformazioni transfrontaliere la procedura sembra molto simile a quella delle fusioni nazionali. Occorrono: un progetto che deve essere pubblicato, una relazione dell’organo amministrativo, una relazione degli esperti. Viene a mancare però il rapporto di cambio, che riguarderà invece il valore delle partecipazioni dei soci che hanno il diritto, all’esito dell’operazione, di esercitare il diritto di recesso.
Il progetto va depositato nel registro delle imprese, mentre le relazione presso la sede sociale. Il termine di deposito è di 30 giorni, eccetto per la relazione dell’organo amministrazione che è di 45 giorni tra il deposito presso la sede sociale della relazione e la decisione che approva l’operazione transfrontaliera.
Nell’ordinamento italiano, anche a fronte di una giurisprudenza di legittimità attenta al tema, si è posto il problema della fuga all’estero delle società verso Stati dalle procedure fallimentari più favorevoli. È così consentita l’operazione transfrontaliera soltanto alle società che provino di non avere debiti nei confronti di p.a. o che non abbiamo ricevuto benefici pubblici, salvo garantiscano la restituzione o il pagamento.
Procedimenti Notarili nelle Operazioni Transfrontaliere
Punto fondamentale è che tutti questi adempimenti riguardano solo le società in uscita e non anche quelle in entrata: fino al rilascio del certificato preliminare si applica, cioè, la legge italiana per le società che si trasferiscono all’estero, ma non anche per la direzione opposta.
Il notaio è competente al rilascio del certificato preliminare e al controllo di legittimità. Il controllo finale di legalità è tendenzialmente un controllo formale, più che sostanziale e, per evitare di sovraccaricare il notaio di responsabilità eccessive, questi può nominare degli esperti.
Nel contesto del rilascio del certificato preliminare il notaio deve controllare comunque i dati formali, le condizioni della decisone che approva l’operazione, il decorso dei termini, il rispetto delle tutela dei lavoratori, l’assenza di debiti e benefici pubblici, la clausola antiabuso.
Delle attività svolte il notaio risponde disciplinarmente ai sensi dell’art. 138-ter della legge notarile, ove abbia rilasciato il certificato preliminare qualora le condizioni per il rilascio sono manifestamente inesistenti.
Con riferimento, infine, al controllo di legalità, il notaio verifica che siano rispettate le condizioni per l’iscrizione nel registro imprese della società risultante, che è di fatto un controllo simile a quello svolto in sede di atto costitutivo.
Concludendo, il diritto positivo e la viva realtà societaria sembrano ancora faticare a procedere all’unisono.
All’interno di un simile contesto, il notaio sembra essere stato innalzato a garante della legalità, al quale si chiedono via via attività non già soltanto di controllo formale, ma anche sostanziale.
Tuttavia, in assenza di una disciplina davvero capace di orientare le attività notarili, rimangono aperti importanti dubbi sull’idoneità della nuova disciplina italiana sulle operazioni transfrontaliere di rispondere efficacemente alla dinamica realtà economica. Contattaci tramite il form o la pagina contatti per ricevere assistenza e consulenza in ambito di diritto societario nazionale ed internazionale.