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autoriciclaggio e novità giurisprudenza

Autoriciclaggio: le ultime novità giurisprudenziali

ComplianceSettembre 18, 2021

Per analizzare a fondo la questione relativa all’autoriciclaggio, occorre in primo luogo stabilire come questo reato sia stato reintrodotto ex novo con la Legge n. 186 del 15/12/2014, entrata successivamente in vigore a partire dal 1 gennaio 2015.

Questo intervento legislativo ha poi comportato l’aggiunta di un nuovo articolo del c.p. ossia l’art. 648 ter-1 c.p.

Analizzando la previsione in commento è interessante notare come il legislatore abbia previsto due differenti cornici edittali (da due ad otto anni al primo comma, da uno a quattro al secondo), con la previsione di una multa variabile da 5.000 a 25.000 euro per i reati disciplinati al comma 1, e da 2.500 a 12.500 euro per i reati disciplinati al comma 2, a seconda del fatto che il delitto non colposo presenti un massimo edittale superiore o inferiore a cinque anni.

Le caratteristiche utili per identificare in concreto tale fattispecie delittuosa

In primis la circostanza obiettiva che si tratti di un reato plurioffensivo, per il fatto che la tutela predisposta dall’ordinamento mediante le disposizioni penalistiche non riguardi la sola sfera patrimoniale ma attenga anche l’amministrazione della giustizia, l’ordine pubblico e l’ordine economico-finanziario.

In secundis la caratteristica di questa fattispecie astratta di reato presuppone che si manifesti come un reato proprio, ovvero che può essere commesso solamente dal soggetto che riveste peculiari qualifiche e non reato comune (ad esempio un omicidio, danneggiamento, furto ecc..) realizzabile da parte di qualsiasi soggetto.

La fattispecie suppone che ci sia una condotta preordinata, da parte del reo, ad impiegare, sostituire, o trasferire denaro o altri proventi di natura illecita al fine di impedire che vengano compiuti approfonditi accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.

Come individuare gli elementi soggettivi ed oggettivi allo scopo di definire l’avvenuta commissione o meno di tale reato?

La giurisprudenza ritiene che vi siano due condizioni necessarie e sufficienti perché si possa considerare realizzato il delitto, nel dettaglio:

  1. Condicio sine qua non dell’elemento soggettivo riguarda la responsabilità commissiva imputabile al reo, che si estrinseca nella coscienza e volontà di impiegare, sostituire il denaro o altri proventi ricavati dall’illecito in attività rientranti nel comparto economico, finanziario e speculativo;
  2. La seconda condicio sine qua non, al fine di poter procedere penalmente afferisce al fatto che vi sia stato una attività concretamente posta in essere da parte del soggetto al fine di impedire/ostacolare l’accertamento relativo alla provenienza di denaro o altri proventi. Al fine di chiarire ogni potenziale dubbio interpretativo, occorre specificare come l’avverbio “concretamente” non vada applicato in senso estensivo alle condotte che hanno “rallentato” la procedura senza pregiudicare la compiuta riuscita di avvenuto accertamento da parte dell’autorità giudiziaria.

Compare and contrast juridicum tra reati di riciclaggio ed autoriciclaggio

Molto spesso in dottrina e giurisprudenza si tende ad accostare queste due distinte tipologie di reato, disciplinate agli art. 648 bis c.p. e art. 648 ter-1 c.p.: effettivamente sussiste l’elemento in comune relativo ai beni giuridici protetti dall’ordinamento, mentre analizzando la normativa codicistica occorre notare come vi siano due importanti differenze, tanto in merito all’identità dell’autore della condotta quanto a livello di corpo del reato:

  1. La prima differenza riguarda il fatto, che nel reato di riciclaggio colui che commette materialmente l’illecito e colui che reinveste i proventi di una data attività illecita nei circuiti economici differiscono, mentre nel reato di autoriciclaggio le due persone evidentemente coincidono;
  2. La seconda differenza si inserisce invece sotto il profilo descrittivo del reato: l’art. 648 bis c.p. specifica come dicitura normativa di riciclaggio “la sostituzione o il trasferimento di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo”, ponendo in essere “operazioni volte in concreto ad impedire accertamento/identificazione della loro provenienza”. L’art. 648 ter-1 c.p. disciplinante il reato di autoriciclaggio per contro introduce l’elemento dell’impiego di denaro o beni risultanti quali proventi da attività illecite, fermo restando la condizione di imputabilità riferita alla concreta attività realizzata dall’autore dell’illecito consistente nell’ostacolo delle operazioni di accertamento dell’autorità giudiziaria su beni e denaro.

Orientamento della Suprema Corte sulla condotta integrante reato ex art. 648 ter-1 c.p.

In una recente pronuncia della Cassazione (Cass.Pen., Sez. II, n. 6397/2020) scaturente da un ricorso avverso un’ordinanza avente ad oggetto un delitto di autoriciclaggio con riferimento ai dubbi sulla corretta interpretazione e sufficiente applicazione della fattispecie in concreto, è interessante notare come nelle considerazioni delineate emerga che i Giudici del Tribunale ordinario abbiano erroneamente ritenuto che, perché si possa applicare l’art. 648 ter-1 c.p., debba necessariamente ricorrere la condotta ostacolante delle indagini ed accertamento da parte di autorità giudiziaria quale condizione necessaria e sufficiente ad integrare la fattispecie delittuosa autoriciclaggio: secondo la Corte di Cassazione invece si deve considerare violato l’art. 648 ter-1 c.p. in presenza tanto della condotta ostativa all’accertamento di indagini quanto nell’impiego o sostituzione del profitto derivante da illecito in attività economiche, finanziarie e speculative, prima di precisare che la condotta ostativa presenta il carattere di condizione necessaria e sufficiente nella sola violazione ex art. 648 bis c.p. (previsione codicistica riguardante la fattispecie delittuosa afferente il reato di riciclaggio).

In merito al caso concreto, i presupposti integranti la fattispecie di autoriciclaggio trovano fondamento nella seguente motivazione, ovvero il provento dell’attività illecita (in questo caso frode fiscale) era stato trasferito ad una società straniera mediante simulazione di operazione commerciale, a cui è successivamente seguita una traslazione finanziaria consistente nella restituzione degli importi in contante.

Il ragionamento operato dalla S.C. nel capo di sentenza, ritiene considerabile la circostanza fattuale rilevante nel caso in questione come “una conferma del carattere illecito dell’operazione ex art. 648 ter.1 c.p., poiché l’incriminazione di suddetto articolo ha lo scopo di impedire qualsiasi forma di reimmissione del denaro di provenienza delittuosa all’interno del circuito economico legale, finanziario ovvero imprenditioriale, al fine di ottenere un concreto effetto dissimulatorio che costituisce quel quid pluris che differenzia la semplice condotta di godimento personale (non punibile) da quella di nascondimento del profitto illecito (punibile)”.

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