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Modello 231: il caso Johnson Johnson Medical

Modello 231: il caso Johnson & Johnson Medical

Come noto, il D.lgs. n. 231/2001 ha introdotto nel nostro ordinamento la responsabilità amministrativa/penale delle società, importando un’elencazione tassativa di c.d. reati-presupposto commessi da soggetti apicali o non-apicali dell’ente. Tali condotte si intendono realizzate nell’interesse o in vantaggio dell’impresa, e rese possibili in forza di carenze strutturali-organizzative.

Le società possono sottrarsi alla responsabilità e dalle sanzioni qualora abbiano adottato ex ante un modello organizzativo e gestionale (MOG) idoneo e conforme alle prescrizioni dettate dal Decreto 231, volto a prevenire gli illeciti in concreto verificatosi. L’ente dovrà, quindi, dotarsi di un organigramma adeguato e funzionale alla prevenzione del rischio di reato per escludere la propria responsabilità.

Nell’ipotesi di colpa da organizzazione (culpa in vigilando), l’ente risponderà esclusivamente per aver agevolato il reato stesso sulla base di un proprio deficit organizzativo (e non per il reato materialmente commesso dalla persona fisica).

L’adozione di un MOG, tuttavia, non costituisce un obbligo, bensì un onere posto a carico di tutti gli enti rientranti nell’ambito applicativo del Decreto 231. In merito, l’ente valuta l’opportunità di adozione del MOG attraverso un’adeguata analisi dei fattori di rischio-reato e costi-benefici, e pertanto, l’omessa adozione o l’adozione di un MOG inidoneo rappresenta un indice prodromico alla responsabilità penale/amministrativa dell’ente.

La recente giurisprudenza: il caso Johnson & Johnson Medical

Il Tribunale di Milano, sez. X penale, sent. n. 3314 del 23.05.2023, si è recentemente pronunciato in merito alla responsabilità degli enti da culpa in vigilando, stante le vicende di carattere corruttivo commesse da soggetti non-apicali, dalle quali la società avrebbe tratto vantaggio.

L’art. 5, comma 1 del Decreto 231 stabilisce che “L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio … b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti [apicali] di cui alla lettera a)”.Il Decreto 231 sembrerebbe, inoltre, disciplinare due differenti modelli di organizzazione dell’ente e di responsabilità: 1)     l’art. 6, rivolto ai soggetti in posizione apicale, che pone l’accento sulla politica di impresa e l’adozione di protocolli; 2)     l’art. 7, rivolto ai soggetti sottoposti all’altrui direzione, in cui l’enfasi è posta sulle misure di controllo. Sul punto, il Giudicante propende per un criterio unitario di responsabilità e di apprezzamento dell’idoneità del MOG.

Sull’imputazione

La vicenda di cui alla sentenza sopracitata vede coinvolta la società farmaceutica Johnson & Johnson Medical S.p.a. per i fatti illeciti di corruzione commessi da alcuni dipendenti che hanno favorito l’acquisto di protesi ortopediche prodotte dall’ente stesso in forza di un accordo occulto con un primario di ortopedia di un noto ospedale pubblico meneghino, in cambio di compensi in denaro, di inviti a programmi televisivi ed eventi scientifici, nonché viaggi e soggiorni. Alla società, dunque, veniva ascritto l’illecito di cui all’art. 5, comma 1, lett. b), 7, 25, comma 2 del D.Lgs. 231/2001 in relazione al reato presupposto di cui agli artt. 110, 319, 319-bis, 321 c.p. Si ricorda poi, che il rimprovero mosso nei confronti dell’ente che non abbia osservato gli obblighi in materia di vigilanza e controllo assume natura impersonale, ossia riferito all’organizzazione collettiva dell’ente, senza che la sua colpevolezza si identifichi con quella dell’autore materiale del reato (persona fisica).

Profili rilevanti della pronuncia

Il Giudicante, nel caso de quo, ha colto l’occasione per dettare i criteri di apprezzamento dell’idoneità e l’efficace attuazione del MOG a seconda che si ricada nell’ipotesi in cui l’autore del reato-presupposto sia un soggetto apicale o un non-apicale, dando vita ad un rilevante precedente giurisprudenziale.

Dall’approfondita analisi degli artt. 6 e 7 del Decreto 231, viene confermato l’orientamento prevalente del c.d. principio di unitarietà del MOG in relazione a tutti i soggetti operanti all’interno dell’ente, escludendo la tesi minoritaria del “doppio modello” (che vede l’adozione di due MOG distinti rivolti uno ai soggetti apicali e uno ai sottoposti). Si stabilisce inoltre, che “il combinato disposto dei commi 3 e 4 dell’art. 7 non solo non implica la configurazione di un modello organizzativo autonomo, ma neppure individua parametri di valutazione diversi dall’idoneità e efficace attuazione: quelli esplicitati tanto all’art. 6 quanto all’art. 7”, equiparando infine le due discipline in quanto “hanno contenuto precettivo solo in apparenza diverso”.

Anche il sistema sanzionatorio, inoltre, risulta identico negli artt. 6 e 7 del Decreto 231.

Il Tribunale adito ha poi confermato come le misure preventive adottate ex ante dalla società, non fossero idonee ed efficaci a prevenire il rischio di reato corruttivo, sussistendo una culpa in vigilando persistente lungo tutto il periodo in cui le anomalie si sono verificate, senza prendere le dovute contromisure atte “a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio” (art. 7, comma 3).

Infine, il Collegio si è pronunciato sulle sanzioni interdittive, escludendole nel caso de quo, stante la valutazione positiva delle misure rimediali (art. 17 Decreto 231) adottate, quali il ruolo di impulso dell’organismo di vigilanza (ODV) e i continui aggiornamenti ed integrazioni intervenute sul MOG durante il corso del procedimento.

Conclusioni

In tale pronuncia è rilevante la posizione assunta dal Collegio, il quale ha sì riconosciuto un’autonomia precettiva alle norme di cui agli artt. 6 e 7 del Decreto 231, sottolineando tuttavia che i criteri dettati dai commi 3 e 4 dell’art. 7 si equivalgono a quelli dettati dall’art. 6, essendo unicamente “declinati con sequenze diverse per la necessità di adattarli alla diversa posizione ricoperta dai responsabili del reato presupposto”.

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