I Nanomateriali: inquadramento normativo UE
Trattandosi di una K.E.T. ovverosia di Tecnologia Abilitante Fondamentale, così come previsto dalla Comunicazione 2009/512 della Commissione Europea, i nanomateriali (cui spesso si fa riferimento per mezzo dell’acronimo NM) vengono regolamentati, sia esplicitamente che implicitamente, dall’apparato legislativo dell’Unione Europea.
Le KET – elemento cardine della politica industriale dell’Unione Europea- rappresentano un gruppo di sei tecnologie ad alta intensità di know-how e di R&D, che sono state individuate come motore primario dell’innovazione in ragione di:
- enorme potenziale economico
- transizione verso un modello di economia più “verde”
- strumentali alla modernizzazione dell’industria di base e allo sviluppo di settori industriali completamente nuovi
- elemento chiave alla risoluzione delle sfide sociali più impattanti del futuro
La citata Comunicazione individua tali sei tecnologie:
- Micro e Nano elettronica
- Nanotecnologie
- Biotecnologie industriali
- Sistemi di Manifattura Avanzata
- Materali Avanzati
- Fotonica
Tornando ai nanomateriali, ultimamente sono state presentate diverse proposte di regolamentazione espressamente dedicate: elemento comune a tutte queste iniziative sono la individuazione di determinati requisiti informativi, dei regimi autorizzatori per specifici usi e la categorizzazione del rischio.
Il problema – peraltro ricorrente nell’inquadramento normativo di molte “tecnologie emergenti”- è che le singole regole trovano applicazione unicamente allo specifico ambito di riferimento, alla macrocategoria applicativa oggetto di disciplina dedicata:
Non esiste ad oggi una definizione giuridica UNIVOCA di nanomateriale da parte dell’Unione
Sono diverse le normative europee che hanno una qualche rilevanza per i Nanomateriali.
Per esempio il regolamento REACH (Regolamento 2006/1907) sulle sostanze pericolose individua delle semplici linee guida, mentre la normativa sui Prodotti Cosmetici (Regolamento 2009/1223/UE) fornisce una espressa definizione, un procedimento di approvazione, regole in ambito sicurezza, prescrizioni per ciò che riguarda l’etichettatura ed infine altre linee guida generali.
In maniera simile, anche le normative sugli Alimenti (Reg. 2015/2283) e quella sui Dispositivi Medici (Reg 2017/745) danno ampio spazio ai nanomateriali.
Focalizzandoci al momento sul Regolamento in materia di cosmetici, questo stabilisce che sia data notizia ogni qualvolta venga immesso sul mercato un prodotto contenente nanomateriali.
Tra l’altro si tratta di una notifica particolarmente ricca di contenuti, in quanto devono essere segnalati la dimensione delle particelle, le proprietà fisiche e chimiche, il profilo tossicologico, nonché i dati di sicurezza dello stesso nanomateriale.
L’autorizzazione per l’uso di questi materiali inoltre deve fare esplicitamente riferimenti alla loro nanodimensione e al loro uso finale.
La nuova Medical Device Regulation invece, richiede che i dispositivi medici che contengono nanomateriali siano trattati con particolare cura.
E’ necessaria una apposita perizia sulla sicurezza (safey) sulla base della quale sarà possibile ottenere un’autorizzazione.
Va anche tenuto conto che questo nuovo regolamento (MDR) inserisce queste tipologie di dispositivi medici all’interno della III classe, quella a più alto rischio, a meno che i nanomateriali vengano incapsulati, in modo che non si disperdano nel corpo dell’individuo al momento del loro utilizzo.
Organismi interessati
Una delle sfide più evidenti, tra quelle legate alle applicazioni dei nanomateriali è chiaramente quella relativa ai criteri di sicurezza.
E’ facilmente riscontrabile come i requisiti previsti per i non-nanomateriali difficilmente possano risultare adeguati per i nanomateriali.
E’ necessario pertanto sviluppare best practice, oltre che facilitare l’armonizzazione delle metodologie, nonché migliorare la fiducia e la comprensione di questa tecnologia tra i diversi stakeholder.
Diverse istituzioni internazionali si sono mosse in questa direzione già da diverso tempo.
Va senz’altro segnalata l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che nel 2006 lanciò un programma strategico per dotarsi di un forum internazionale dedicato alla discussione dei nanomateriali, in particolare degli aspetti relativi alla sicurezza.
Il risultato di questo programma è un gruppo di lavoro chiamato Working Party on Manufactured Nanomaterials (WPMN), che promuove la cooperazione globale sulla sicurezza ambientale e sulla salute umana nell’ottica dei nanomateriali e del loro corretto utilizzo.
Tra gli obiettivi di ricerca, congiuntamente a ricercatori esterni, il WPMN si è dedicato alla individuazione di quali linee-guida OCSE possono risultare direttamente applicabili ai nanomateriali.
Tutti i dati raccolti sono inseriti all’interno dell’accordo sul MAD (Mutual Acceptance of Data).
Nel Regolamento REACH invece, le sfide che ruotano intorno alla sicurezza dei nanomateriali sono gestite dall’agenzia europea per l’implementazione del medesimo regolamento, l’ECHA.
All’interno delle sue linee guida, sono presenti alcune appendici che contengono precise raccomandazioni per la registrazione dei nanomateriali.
Le stesse appendici sono regolarmente aggiornate, migliorate ed estese sulla base dell’avanzamento tecnologico e delle B.A.T.
Definizione: mancanza di armonizzazione a livello europeo
Come già antipato, all’interno del corpus juris dell’Unione Europea, il termine nanomateriali viene definito da plurimi fonti, con diversa rilevanza normativa.
Una di queste definizioni è data da una Raccomandazione della Commissione Europea del 2011, che qualifica un materiale come “avente nanodimensioni” quando almeno il 50% delle particelle che lo compongono abbiano una dimensione ricompresa tra 1 e 100 nm (nm= nanometro).
Tale definizione dovrebbe essere utilizzata come principio-base per determinare quando un materiale possa essere considerato come un nanomateriale per scopi legislativi all’interno della UE.
In realtà non tutte le regolamentazioni di settore si servono di questa definizione, ma anzi la modificano o ne usano una completamente diversa: è il caso, per esempio, della disciplina già descritta dei prodotti cosmetici ed alimentari.
L’obiettivo dichiarato della Commissione è quello di modificare le definizioni settoriali dei nanomateriali provenienti dalle sopradescritte discipline per armonizzarle con quella della Raccomandazione.
Quest’ultima risulta essere stata posta sotto una lente di ingrandimento nel 2016: si è cercato di comprendere quali problematiche si incontrassero nell’uso della definizione ed eventualmente quali modifiche apportare.
Dai report che si sono susseguiti in seguito alla revisione del 2016, risulta chiara e palese la necessità di dotarsi di nuove linee guida in materia.
Come far giungere le informazioni al consumatore
Ci sono diverse modalità attraverso cui fornire informazioni sui nanomateriali contenuti nei prodotti destinati ai consumatori.
Una prima possibilità riguarda l’applicazione delle informazioni sulle etichette dei prodotti o dei loro imballaggi.
Un’altra è invece quella di raccogliere tutte le informazioni sui nanomateriali all’interno di un sistema informatico facilmente accessibile dai consumatori: può trattarsi di un registro pubblico o di un inventario.
Diversi Stati membri, per mezzo delle proprie Autorità Amministrative Indipendenti o altri organismi, una volta analizzati e raccolti i dati del mercato, pubblicano tali liste: Francia, Danimarca e Belgio sono già dotati di un registro di nanomateriali o di prodotti contenenti nanomateriali.
E’ anche vero che una grande mole di informazioni è reperibile online, ma la validità e la completezza di queste liste variano molto le une dalle altre: probabilmente una delle più note, sebbene non sia completa, è il catalogo presente sulla Piattaforma Web sui Nanomateriali del Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea.
Scarsità della ricerca negli aspetti legali
Nonostante il grande numero di progetti sui nanomateriali negli ultimi anni, le ricerche sugli aspetti normativi di queste ultime sono decisamente scarse.
Sicuramente una delle ragioni è il grado di incertezza intorno alla materia e alle implicazioni in ambito giuridico.
Tuttavia è possibile individuare alcuni punti chiave della discussione sugli aspetti legali, per esempio:
- la necessità di dotarsi di una definizione univoca dei nanomateriali;
- la necessità di trovare una corretta modalità di etichettatura dei cosiddetti nanoingredienti
- quali metodologie utilizzare nei test per verificare la sicurezza e rischi per la salute umana e ambientale di questo tipo di materiali.
In conclusione,
1) I nanomateriali sono uno specifico tipo di sostanza, regolata dall’ordinamento dell’Unione Europea, ad oggi rientrante nell’elenco delle sei Tecnologie Abilitanti Fondamentali K.E.T.
2) Le definizioni normative sono statuite al tempo stesso da una (piuttosto ampia enunciazione) contenuta in una Raccomandazione della Commissione, oppure da discipline settoriali specifiche.
3) Per ragioni di trasparenza, la presenza dei nanomateriali in determinati prodotti deve essere indicata sull’etichetta, nella lista degli ingredienti.
Ulteriori informazioni sono sempre reperibili online su database e registri pubblici, tuttavia per poter garantire maggiore chiarezza e meno incertezze, diverse linee guida e best practice sono attualmente in fase di elaborazione.
Si auspica tuttavia un intervento organico e sistemico al fine di rendere più chiaro e trasparente il quadro normativo di una tecnologia che ha un mercato globale atteso per il 2025 pari a 170 miliardi di dollari all’anno, insieme a potenziali impatti tanto salvifici quanto apocalittici.
Ancora una volta, sarà una technology governance responsabile a fare da ago della bilancia.
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