Diritto e Neuroscienze: le interazioni nel processo giudiziario
Il coacervo di discipline extra ed ultra giuridiche, nella propria dimensione accrescitiva, finisce per arricchire il mondo del diritto, apportandovi ricadute integrative particolarmente significative. Questa sorta di sinderesi assume un senso particolarmente pregnante nei riguardi delle neuroscienze.
Benché connaturate da una propria disciplina del tutto peculiare esse, tuttavia, convergono assieme al diritto nello studio dell’essere umano, quest’ultimo non però considerato quale entità astratta, sebbene come essere calato all’interno dell’entità concreta dell’esistenza.
Fra i due ordini di discipline in un certo senso rileva quasi un rapporto di genere a specie.
Da un lato, infatti, gli studi neuroscientifici diretti a fornire informazioni e dati in merito al funzionamento del cervello e dei comportamenti umani; dall’altro, invece, il diritto che nella propria essenza di applicazione delle regole juris alla condotta umana, valuta le azioni dell’uomo all’interno della comunità sociale di riferimento.
Si tratta, in altri termini, di profili d’analisi che lungi dal considerarsi nuovi, finiscono per inserirsi all’interno di una dimensione più ampia e generale che vedendo scienza, diritto e Corti in un confronto continuo, determinano l’instaurarsi di un dialogo necessario ed inevitabile che investe questioni di particolare rilevanza, come la libertà di determinazione della persona, la cura del soggetto, nonché la tutela dell’ambiente e la disposizione del proprio corpo.
E’ un processo di inferenza oltremodo delicato, il settore delle neuroscienze, infatti, rivelandosi ricco di potenzialità dal punto di vista clinico – terapeutico; esso è capace di offrire cioè dispositivi e conoscenze in grado di migliorare la qualità della vita di persone affette da malattie/disturbi neurologici; nel contempo, però, l’utilizzo di tali tecnologie espone a nuove forme di vulnerabilità, rispetto alle quali il diritto deve intervenire contemperando il progresso della scienza e la tutela della libertà della persona.
Va da sé come una mutua interazione fra le due scienze non possa che comportare una rispettiva evoluzione di entrambe; una migliore comprensione dei meccanismi neurobiologici che modellano il comportamento sociale umano dovrebbe, cioè, anche influire positivamente anche sulla formazione dei nostri codici sociali.
Interazioni fra due mondi disciplinari convergenti: in particolare neuroscienze e processo
All’interno di questa sinergia, un ruolo di primo piano va dedicato all’interazioni fra le acquisizioni neuroscientifiche e le Corti, dove da un lato, assume in particolare una direzione decisiva il problema della rilevanza delle evidenze neuroscientifiche all’interno del processo e dall’altro come contributo alla formazione della statuizione giudiziaria.
Sotto un profilo quantitativo, l’impiego di questo sapere nella definizione del giudizio, ha interessato soprattutto i giudizi di merito in ambito penale, giunti, talora anche davanti alle contrastanti pronunce della Corte di Cassazione.
Entrando più nel dettaglio, attorno alle potenzialità delle neuroscienze nel settore della giustizia penale, è tuttora attivo un dibattito enorme che in molti Paesi impegna, sia pur da differenti prospettive, le menti più brillanti nei più diversi rami dello scibile giuridico e non.
Questo risultato, trova in sé svariate spiegazioni; se già un secolo addietro la fiducia nella certezza della scienza, promossa dal positivismo giuridico, riscosse un’importanza decisiva nell’evoluzione di vari sistemi di giustizia penale, non si possono oggi ignorare fattori che giustificano l’interesse per questo specifico ambito di intersezione.
La sinergia fra i due settori subisce, peraltro il condizionamento dell’intervento strettamente penale nei settori più disparati, e specie in quelli che richiedono conoscenze altamente specialistiche in cui si avverte la necessità di un dialogo fra sapere giuridico e sapere scientifico.
Si tratta di un’area tematica di straordinaria rilevanza e complessità, nella quale si colgono nuove intersezioni tra diritto e processo in materia penale.
Appartengono ad un passato piuttosto recente, le riflessioni che la dottrina penalistica e processualistica ha condotto attorno a svariate forme di mutua interferenza fra logiche processuali e legalità penale, quest’ultime spesso trascurate dalle tradizionali ricostruzioni teoriche.
Senonché è bastato allontanarsi da una simile pretesa di mutua indipendenza, ed instaurare un dialogo fra le due discipline con le lenti dell’esperienza, perché l’osservatore attento potesse cogliere e mettere a fuoco un quadro da cui emerge una pluralità di forme d’interferenza fra diritto e processo.
Si è trattato in un certo senso di un’interazione dall’alto effetto condizionante; da un lato, infatti, strumentazioni, dati e informazioni diventano nuovi mezzi processuali di indagine, fornendo ai giudici ulteriori apporti conoscitivi, che facendo luce su determinate condizioni umane, finiscono per contribuire alla decisione del caso. Per altro, invece, gli avanzamenti tecnologici che accompagnano l’evolversi del settore delle neuroscienze, finiscono con lo sfidare le garanzie oggi presenti in tema di privacy, salute ed autodeterminazione.
Sotto un profilo generale/classificatorio, l’utilizzo dei risultati neuroscientifici all’interno del processo si è correlato ad un duplice ordine di orizzonti: e cioè, anzitutto inferendo come prova individuale (soprattutto nel processo penale), per la valutazione dell’imputabilità del soggetto di riferimento.
L’utilizzo di questa modalità applicativa risulta accompagnata da varie incertezze circa il contributo effettivo che i dati e le strumentazioni neuroscientifiche possono apportare alla responsabilità di un soggetto; si tratta, in particolare, di incertezze legate alla difficoltà interpretativa delle cosiddette neuroimmagini ed alla loro potenziale forza “persuasiva” su giudici e giurie, nonché ad un dibattito dottrinale, estremamente acceso e frammentato intorno alle ricadute dei dati neuroscientifici sulle categorie scientifiche.
In subordine, ed accanto a questa forma primaria, l’utilizzo dei risultati neuroscientifici come dato empirico posto a supporto di istanze dal carattere più ampio, si è correlato quale dato teso al supporto di istanze dotate di carattere più ampio, riguardanti determinate categorie di persone (come ad esempio minori o detenuti); in questo secondo caso, il contributo delle neuroscienze ha assunto modalità e dimensioni maggiormente significative, finendo per avallare e confermare un quadro di conoscenze di carattere sociale, psicologico e giuridico.
Nuove frontiere investigative, prova neuroscientifica e tutela della persona
Quanto appena detto apre ulteriori e rilevantissimi scenari d’indagine, gravidi di importanti implicazioni nella prospettiva della tutela di libertà fondamentali riconosciute ad una pluralità di livelli ed anzitutto a livello costituzionale.
Fra esse un rilievo di primo piano assurgono le condizioni al ricorrere delle quali un’indagine neuroscientifica può essere disposta. Si tratta di un interrogativo peraltro già affacciatosi nella letteratura processualistica e che acquista particolare pregnanza proprio in ragione del progressivo rafforzamento delle competenze degli organi inquirenti e che a sua volta finisce con l’incrociarsi con il crescente uso di nuove e sempre più invasive tecniche investigative, ovvero di mezzi d’indagine caratterizzati da inedite forme e livelli di coercizione.
Essa si correla ad una nuova tendenza capace di gettare un’ombra non solo all’interno dell’ambito di procedimenti penali interni, ma anche in quello della giustizia penale transnazionale; quest’ultimo timore è del resto fondato dall’esperienza susseguente all’euro ordine d’indagine penale, strumento che si discosta da pressoché tutti i precedenti meccanismi di assunzione e circolazione della prova su scala transnazionale, anche al di fuori dell’area nell’ambito della cooperazione internazionale fondata sul principio del riconoscimento mutuo, oltre che per altri rilevanti profili, poiché permette il ricorso a strumenti d’indagine coattivi o dotati di una considerevole ingerenza nella sfera dei diritti e delle libertà individuali.
Senza dubbio le neuroscienze pongono sfide di enorme portata soprattutto per l’amministrazione della giustizia penale, e con esse deve inevitabilmente confrontarsi chiunque intenda approfondire l’evoluzione che la tutela giurisdizionale ha avuto pressoché in ogni ordinamento, e le sempre più complesse relazioni fra processo e scienza.
La natura stessa del processo quale esperienza essenziale per ogni cultura giuridica, e del processo penale in specie quale esperienza giuridica imprescindibile per l’attuazione del diritto materiale, impone di guardare al progresso neuroscientifico in una prospettiva che va persino al di là delle trasformazioni profonde che esso sta producendo, o ancor più potrà produrre in futuro, in relazione a fondamentali categorie come quelle di accertamento o d’imputazione.