NFT e Gaming: opportunità e criticità nel settore videoludico
Tra i settori in cui gli NFT stanno avendo maggior successo, quello del gaming occupa senz’altro un ruolo di primo piano.
Questo settore rappresenta infatti un terreno molto fertile per la proliferazione degli NFT: sempre più spesso, le case di produzione di videogame inseriscono all’interno dei propri prodotti la possibilità di effettuare acquisti in-game, utilizzando valute di gioco (comprate con soldi reali), per acquistare cosmetici come, ad esempio, skin per i propri personaggi e armi rare da utilizzare nel gioco.
Si tratta di un modello ormai diffuso, soprattutto nei cosiddetti “free to play” come i noti Fortnite o Call of Duty: Warzone, che possono essere giocati gratis dall’utente e che generano un ritorno economico per la casa di produzione proprio attraverso il meccanismo di acquisto in-game di oggetti vari.
Ma tra l’hype mediatico, l’annuncio del metaverso, e le oggettive potenzialità connesse agli NFT, è diventato chiaro in poco tempo che gli NFT possono essere una grossa fonte di guadagno e in molti hanno deciso di cominciare a investire nel settore.
Ciò detto, va precisato che il fenomeno, ancora in fase embrionale all’interno del settore gaming, presenta luci e ombre, sia per quanto riguarda strettamente la compatibilità con il settore, che più semplicemente per la attuale diffusione, dato lo scarso utilizzo della blockchain nei prodotti videoludici.
In questo articolo tenteremo quindi di dare un’idea delle potenzialità, dello stato dell’arte e delle criticità degli NFT in riferimento a questo settore peculiare.
Prima di addentrarci nel discorso, è utile un ripasso sugli strumenti e i termini da conoscere: vi linkiamo quindi alcuni nostri approfondimenti su blockchain e NFT, fondamentali per comprendere come funzionano gli NFT e le cryptvalute.
Mercato del Gaming: come si inseriscono gli NFT
Cominciamo ricordando che il settore gaming è ormai diventato un centro di affari estremamente florido: basti pensare che la recente acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft per circa 70 miliardi di dollari è la terza operazione più costosa di sempre nell’intero settore entertainment.
Appena 5 anni fa Disney comprò 20th Century Fox collocandosi al secondo posto di questa classifica, e il confronto tra le due operazioni ci restituisce un’idea di quanto si sia sviluppato questo settore.
Non stupisce più quindi che in molti abbiano deciso di puntarvi.
Come possono inserirsi concretamente gli NFT all’interno del prodotto videoludico? In che modo possono essere fonte di guadagno?
Per le case produttrici è molto semplice: abbiamo già detto che la possibilità di acquisti in-game è ormai ampiamente diffusa, l’implementazione della blockchain in questo meccanismo costituirebbe, di fatto, solo un canale alternativo di vendita di tali oggetti. Alcune case, tra cui il colosso transalpino Ubisoft, si sono già mosse, creando una propria piattaforma apposita (Quartz, non un grande successo però: ne parliamo più avanti).
Il valore aggiunto, in questo caso, è dato dall’unicità dell’oggetto venduto, che acquista in questo modo un valore maggiore per l’utente, magari disposto a spendere di più per ottenere il determinato oggetto. Aggiungiamoci la possibilità di inserire meccanismi automatici di guadagno in favore del produttore (la casa di sviluppo) da ogni futura cessione dell’oggetto e il gioco è fatto.
In proposito, lo sviluppo completo di un vero e proprio “Metaverso”, come quello paventato da Zuckerberg in tempi recenti, potrebbe costituire il matrimonio perfetto.
Il metaverso consiste infatti in uno spazio virtuale alternativo alla realtà che punta a sostituire, in cui potenzialmente si può creare una vera e propria vita alternativa.
L’applicazione del meccanismo della blockchain al metaverso consentirebbe, tra le altre cose, di effettuare acquisti in modo sicuro.
Un esempio di metaverso, gaming e NFT la possiamo trovare ad esempio in Ready Player One di Spielberg, dove le persone svolgono una serie di attività sociali interamente virtuali nel mondo Oasis e ottengono ricompense da queste attività. Aldilà delle sensazioni puramente distopiche che trasmette l’idea del metaverso, va comunque detto che per ora neanche gli sviluppatori hanno bene in mente dove vogliono arrivare con questo progetto (Zuckerberg stesso è stato particolarmente evasivo sul rapporto tra la blockchain e il metaverso che intende creare).
È chiaro, comunque, che le caratteristiche di unicità e proprietà certificata sono perfetti per far funzionare un mondo alternativo come quello del metaverso.
Un possibile guadagno anche per i gamers
Tornando agli NFT, non si tratta di uno strumento di potenziale guadagno solo per le case di produzione, perché anche l’utente può trarne un profitto.
In primo luogo, può infatti rivendere l’oggetto, magari a un prezzo maggiore rispetto a quello di acquisto. Facciamo un esempio: io acquisto un oggetto in-game che oggi è mediamente diffuso o utilizzato; successivamente, il gioco riceve un nuovo aggiornamento o una nuova espansione, in cui l’oggetto che ho acquistato, risulta particolarmente utile, oppure più semplicemente diventa di moda; a quel punto potrò rivenderlo al prezzo che deciderò io.
La certezza degli acquisti è garantita dalla blockchain, il rischio di truffe dovrebbe essere azzerato, e così i giocatori possono guadagnare sfruttando le proprie abilità speculative o anche semplicemente valorizzando il tempo speso per la creazione di una particolare “build” o il livellamento di un personaggio: le centinaia di ore passate a costruire l’astronave perfetta non saranno più “buttate”!
Questo meccanismo è detto “play-to-earn”, ed è interessante, come visto, sia per gli speculatori puri, che per i gamer tradizionali, che non hanno il profitto come obiettivo principale, ma che possono comunque guadagnare dalle proprie abilità o dal tempo investito nel gioco.
Sempre dal punto di vista del gamer, si tratta di un modello che si affianca al tradizionale meccanismo “play-to-win” (oltre che al più famigerato “pay-to-win”), e che potrebbe favorire la nascita di vere e proprie gilde “play-to-earn”, utili per aiutare i nuovi utenti all’interno di giochi ben avviati.
Queste gilde, attraverso gli NFT, possono prestare agli utenti gli oggetti migliori per le fasi iniziali di gioco per aiutarli a progredire più in fretta, in modo che questi non sono costretti ad acquistare tali oggetti per competere nelle fasi iniziali del gioco, ma possono utilizzarli solo il tempo necessario ad acquisire le meccaniche di base e ottenere dal gioco il necessario per diventare autonomamente competitivi.
Tornando al punto di vista speculativo invece, l’implementazione degli NFT potrebbe aumentare ulteriormente i ritorni economici, attraverso l’acquisto di asset in grado di “minare” a loro volta altri oggetti da utilizzare in game da rivendere ad altri giocatori.
L’NFT potrebbe poi risultare particolarmente efficiente per abbattere le barriere tra i diversi sistemi di gioco. È noto, infatti, che ogni piattaforma rappresenta tendenzialmente un sistema chiuso alle altre piattaforme, per cui ad oggi non sarebbe possibile scambiare, ad esempio, oggetti nativi di Playstation con PC. L’NFT invece, potrebbe favorire l’interoperabilità dei sistemi, creando all’interno del token una versione dell’oggetto apposta per le diverse piattaforme, garantendo scambi illimitati. Anche in questo caso, a beneficiarne potrebbero essere sia gli speculatori puri, che vedono ampliato il mercato, sia gli utenti, non più limitati al proprio sistema.
NFT e Gaming: le possibili criticità
Fin qui, verrebbe da dire tutto rose e fiori.
Tuttavia, come accennato, gli NFT nel settore gaming presentano anche alcune criticità.
In primis, va considerato che l’utenza ha espresso più volte insofferenza verso le mosse puramente speculative e poco ludiche delle grandi case di produzione, spesso accusate di abusare della possibilità degli acquisiti in-game (su tutte: Electronic Arts e le “loot boxes” in FIFA, per cui l’azienda è stata accusata da più parti di speculare incoraggiando il gioco d’azzardo).
È un aspetto che non va sottovalutato, perché va in ogni caso considerato che il successo di ogni iniziativa passa da come il pubblico la recepisce. E l’ utenza gaming ha dimostrato diverse volte di essere parecchio rancoroso e rumoroso, e potrebbe affossare o almeno ostacolare iniziative di questo tipo, boicottandole.
Non è un caso quindi che la presentazione della piattaforma Quartz da parte di Ubisoft (altra azienda nel mirino dei gamer più radicali e insofferenti) abbia suscitato numerose critiche. Anzi, ad essere precisi, l’operazione (che consisteva nell’inserimento di NFT all’interno di Ghost Recon Breakpoint) si è rivelata in vero fiasco, percepita dagli utenti come non necessaria e meramente speculativa.
Come se non bastasse, il discorso degli NFT si porta dietro un considerevole problema relativo all’impatto ambientale delle attività necessarie per “coniare” gli NFT, per cui sono ancora visti da molti con diffidenza. Se non si dovesse trovare una soluzione più sostenibile, sfruttare gli NFT potrebbe diventare alla lunga un problema anche a livello reputazionale.
In più, va considerato che allo stato attuale, molti titoli hanno una vita in ogni caso limitata.
La fine di un gioco, che può essere determinata dal semplice esaurimento dell’arco narrativo, dalla chiusura dei server, dall’interruzione dell’aggiornamento da parte degli sviluppatori o più semplicemente dal disinteresse del pubblico, rompe l’idea di “play-to-earn”, perché la speculazione sull’oggetto è possibile fintanto che c’è un mercato in cui venderlo.
Per questo motivo gli NFT, nel settore gaming, possono avere successo solo se riutilizzabili in titoli diversi o se il titolo all’interno del quale vengono acquistati costituisce un proprio metaverso, in cui non c’è necessariamente un ciclo narrativo da chiudere, ma “solo” una realtà alternativa da vivere, potenzialmente infinita.
Nell’ambito videoludico sono parecchie le realtà che possono essere identificate con il termine metaverso, ma va detto che solo poche si inseriscono perfettamente nel termine. Quello che più si avvicina è il metaverso di Fortnite, dove sono già stati eseguiti concerti e presentazioni varie, ma in questo caso non è ancora possibile investire con NFT per gli acquisti in-game.
Per questi motivi, come dicevamo in apertura, l’applicazione degli NFT al settore gaming sta avendo sì successo, ma in una fase ancora embrionale e infatti le industrie, visto anche l’insuccesso di Ubisoft, si sono divise sul punto, prendendo tempo per decidere se investirvi seriamente o meno.
L’aspetto più diffuso è pertanto quello più speculativo, ed infatti tra le applicazioni che ad oggi possiamo trovare in concreto vi sono soprattutto delle operazioni di crowfunding, in cui gli investitori finanziano il progetto, magari ricevendo in cambio skin rare da utilizzare in gioco (un esempio: Star Atlas), ma soprattutto hanno la possibilità di rivendere questi asset una volta concluso lo sviluppo del gioco.
In parole povere, più che di NFT nel settore gaming, è opportuno parlare di gamificazione degli strumenti finanziari.
Investire in NFT: alcune indicazioni
In ogni caso, per chi fosse interessato a investire in NFT gaming, diamo di seguito alcune indicazioni di massima.
Intanto, per investire in NFT è necessario dotarsi di un wallet. Come suggerisce la parola, si tratta di veri e propri portafogli, in questo caso digitali, all’interno del quale verranno raccolte le varie “monete”, e quindi gli asset ad esse collegati.
Esistono diversi servizi di wallet, che si differenziano ciascuno per il registro sul quale lavorano. La caratteristica comune è che attraverso questi strumenti possiamo effettuare il cambio delle valute, immettendo quindi il denaro reale da utilizzare per gli acquisti sulla blockchain.
Ottenuto il wallet, si tratta a questo punto solo di decidere dove andare ad investire.
Per questo passo sarà opportuno andare a cercare con attenzione il progetto target, investendo nel gioco più promettente (se siete dei gamer interessati) o su quello che sembra più in grado di produrre dividendi in futuro (se vi interessa la speculazione).
Il consiglio è quello di muoversi in ogni caso con attenzione (i progetti-truffa sono sempre dietro l’angolo) e comunque soltanto dopo aver compreso bene tutti i meccanismi di funzionamento di queste tecnologie emergenti, la cui poca dimestichezza rimane tuttora l’ostacolo più grande alla sua diffusione.
In ogni caso, un giro su Discord potrebbe fare al caso vostro per intercettare il progetto più adatto alle vostre mire.
In conclusione, dobbiamo constatare ancora una volta che siamo di fronte a un fenomeno che si è presentato in modo così dirompente e repentino che non consente di capire quale sarà il suo destino una volta esplosa la bolla di hype.
Molte cose dovranno ancora cambiare nell’industria gaming per far sì che gli NFT possano concretamente entrare nelle meccaniche di gioco.
Per ora comunque, sul piano speculativo gli NFT possono funzionare, e P&S Legal è in grado di offrire assistenza legale in materia NFT, in tutte le operazioni di creazione di non fungibile token, di compravendita di NFT e, tramite i nostri partner tecnologici, ogni tipo di supporto tecnico in ambito di tokenizzazione.
Per approfondimenti e richieste di qualsiasi natura, contattaci senza impegno.