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Smart City: cosa sono davvero e quali gli obiettivi da raggiungere

Con il termine “smart city”, originariamente coniato come strategia di marketing da parte dei top vendors dell’industry IT, oggi si tende a rappresentare l’utilizzo “urbano” di tecnologie emergenti o particolarmente avanzate.

Tuttavia, sarebbe riduttivo indicare le città semplicemente come uno scenario all’interno del quale operano tecnologie come 5G, big data, auto a guida autonoma ed intelligenza artificiale.

Infatti, è ormai universalmente riconosciuto che le città possono (e devono, come si dirà più avanti) essere molto di più, perché generatrici di opportunità, prosperità e progresso.

Per dare un’idea della centralità delle città nel contesto economico e sociale odierno, si pensi che ben l’80% del prodotto interno lordo mondiale è generato all’interno delle città.

Questi numeri, in realtà, non dovrebbero stupire più di tanto, considerato il periodo di “rivoluzione tecnologica” che stiamo vivendo, per cui è abbastanza naturale che ci sia più crescita laddove vi siano tecnologie emergenti.

Ma come dicevamo, le città possono essere molto di più, anche per chi ancora non ci vive o lavora: pensiamo ad esempio a coloro che sono costretti a fuggire da guerre o crisi ambientali (purtroppo sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico).

Per queste persone, la possibilità di inserirsi in un contesto urbano, dotato di tutte queste nuove tecnologie, può essere un’ancora di salvezza per ricostruire il proprio futuro (a patto che i vari servizi e le tecnologie siano accessibili, naturalmente).

Le opportunità di sviluppo e i fenomeni migratori hanno portato a stimare che entro il 2050 il 68% della popolazione mondiale vivrà nelle città (circa 2 miliardi e mezzo di persone in più rispetto ad oggi), che assumeranno sempre più il duplice ruolo di centro nevralgico di sviluppo da una parte, e di rifugio dalle crisi dall’altro (ciò è valido soprattutto per le città costiere, prime “vittime” e al contempo primo baluardo contro il cambiamento climatico).

Tuttavia, non è detto che questo sviluppo tecnologico porti solo benefici per chi vive nelle città.

Smart City: solo vantaggi? 

D’altra parte, se è vero che le smart city possono favorire il progresso e semplificarci la vita, è pure vero che le stesse possono trasformarsi in un gigantesco progetto di investimento tecnologico, dove i cittadini non sono più visti come persone, ma come semplici “utenti”, fruitori di servizi.

Il rischio della “spersonalizzazione” è negativo non solo per le singole persone, ma anche per la collettività intera: inseguire la massimizzazione del profitto può significare l’adozione di scelte immediatamente più vantaggiose per un gruppo di persone (più realisticamente, solo per chi offre il servizio) a discapito di vantaggi più diffusi o sul lungo periodo.

Per essere davvero “smart” le città intelligenti devono tendere ad un risultato che si pone oltre alla mera “implementazione di soluzioni”. Il carattere “smart” è definito dai talenti, delle relazioni e dal senso di appartenenza dei cittadini, anzi che dalle tecnologie implementate nel tessuto urbano.

Alcuni esempi reali di Città Intelligenti

Alcuni esempi di smart city nel senso appena descritto sono Singapore, Curitiba in Brasile o Harare in Zimbabwe.

È interessante notare come si tratti di città profondamente diverse tra loro che istintivamente non siamo portati ad associare.

Possiamo definire queste città come “smart” per l’utilizzo che fanno della tecnologia a servizio della collettività non fine a sé stesso e al profitto: Harare, in particolare, ospita fin dal 1996 un centro commerciale a raffreddamento passivo. Un sistema estremamente innovativo, che utilizza solo elementi naturali per la ventilazione ed il raffreddamento all’interno dei locali.

Vi sono poi molte città-spugna cinesi, esempio di smart city, che usano sistemi naturali per assorbire acqua durante le piogge torrenziali e prevenire straripamenti dei fiumi.

Un altro esempio di smart city è Guatemala City, che nell’ambito del programma di sviluppo delle Nazioni Unite sta lavorando per migliorare la gestione delle infrastrutture urbane come parchi e luminarie attraverso riduzione dei costi e lavoro grazie alla standardizzazione dei materiali e la razionalizzazione dei processi di approvazione di lavori.

Tutte queste città sono accomunate non dal semplice utilizzo di tecnologie particolari, ma dalle finalità perseguite. Le tecnologie sono utilizzate infatti con approccio olistico, e in considerazione dei bisogni delle persone che vivono in quel contesto.

Il vero obiettivo delle smart city

Il tema che si vuole sottolineare quindi, è che non basta adottare soluzioni tecnologiche, per rendere “smart” una città, perché una città può anche mettere a disposizione dei cittadini tutte le soluzioni tecnologiche esistenti, ma se non sono realmente utili per chi ci abita o più in generale per l’ambiente, allora hanno solo una funzione cosmetica.

Questa idea era già stata espressa nel 1961 da Jane Jacobs, una pioniera dell’urbanismo americano, che con il suo libro The Death and Life of Great American Cities, ha esaltato l’importanza dei marciapiedi.

Nel contesto della città, i marciapiedi sono strumenti di avventura, interazione sociale, e incontri inaspettati: il “ballo sul marciapiede”, come definito dall’autrice.

Le implementazioni tecnologiche dovrebbero tendere allo stesso risultato che realizzano i marciapiedi: quello di creare connessioni. Troppo spesso invece vediamo le cosiddette “città smart” focalizzarsi su distinti sviluppi tecnologici piuttosto che su questa struttura connettiva, per cui si finisce a parlare di “città casi di studio” piuttosto che di “città piattaforma”.

Ne sono esempio negativo, purtroppo, varie esperienze di infrastrutture realizzate in occasioni di grandi eventi sportivi come le Olimpiadi o i Campionati Mondiali di calcio, che pur adottando molto spesso tecnologie all’avanguardia, finiscono spesso in disuso una volta terminato l’evento.

La realtà è che questo approccio richiede investimenti seri a più ampio respiro, oltre alla semplice implementazione tecnologica. Venendo al punto, la visione di una città tecno-centrica è concettualmente, finanziariamente e logisticamente fuori portata per molti, purtroppo a discapito del potenziale di una città nel ridurre povertà e promuovere inclusione e sostenibilità.

Il focus del già citato programma di sviluppo delle Nazioni Unite è orientato verso la reciproca interazione tra le differenti componenti di una città veramente rispondente ai canoni smart: la comunità, il governo locale, ed il settore privato.

Il programma esplora inoltre i differenti asset che entrano in gioco quando si parla di smart city: le innovazioni high-tech certamente rivestono un ruolo di primaria importanza, come pure anche le innovazioni low-cost e low-tech e le soluzioni a base di componenti naturali; i big data; come pure anche le connessioni ed i cosiddetti “marciapiedi”.

L’obiettivo del programma è trovare il modo di combinare questi elementi per fare in modo che si inizi a ridefinire le smart city nel senso più positivo finora evidenziato, ampliando la portata di tale definizione, la finalità nonché l’utilità in concreto di un elaborato piano di sviluppo urbano.

Pertanto, il programma continua ad esplorare come la tecnologia digitale potrebbe nel più immediato futuro favorire le città.

Importante in questo senso è la collaborazione avviata con le più importanti piattaforme africane di e-commerce che stanno trasformando i servizi urbani di delivery.

Più in generale, il programma sta cercando soluzioni utili per contrastare in maniera efficiente ed efficace le più immediate ripercussioni conseguenti al cambiamento globale, come la perdita di biodiversità e l’inquinamento.

Il programma UrbanShift

L’iniziativa UrbanShift, diretta dal Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite in strettissima collaborazione con il Programma di sviluppo ONU e molti altri enti ed istituzioni, sta costantemente lavorando con le città allo scopo di promuovere soluzioni a base di prodotti naturali, trasporti pubblici a ridotta emissione di anidride carbonica, gestione integrata dei rifiuti.

Questo approccio si focalizza non solo sull’implementazione tecnologica, ma anche sulla stesura di policy e di linee guida: in tal senso il Manuale redatto dal Programma di Sviluppo ONU inerente alle Innovazioni Urbane Smart si prefigge lo scopo di aiutare gli ideatori di policies o gli innovatori urbani a comprendere come far sì che il concetto tipicamente anglosassone di “smartness” possa trovare applicazione pratica in una città.

Il lavoro condotto dal team di ricerca alle Nazioni Unite è impostato sulla base degli Obiettivi Essenziali per lo Sviluppo Sostenibile: i sustainable development goals.

Si tratta di 17 ambiziosi target globali, elencati di seguito, di cui il Programma spera di vederne i frutti entro il 2030, deadline della UN Agenda on Ecosustainable Development:

  1. sconfiggere la povertà: porre fine alla povertà in tutte le sue forme, ovunque;
  2. sconfiggere la fame: porre fine alla fame, garantire la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile;
  3. buona salute: garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età;
  4. istruzione di qualità: garantire a tutti un’istruzione inclusiva e promuovere opportunità di apprendimento permanente eque e di qualità;
  5. parità di genere: raggiungere la parità di genere attraverso l’emancipazione delle donne e delle ragazze;
  6. acqua pulita e servizi igienico-sanitari: garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienico-sanitari;
  7. energia rinnovabile e accessibile: assicurare la disponibilità di servizi energetici accessibili, affidabili, sostenibili e moderni per tutti;
  8. buona occupazione e crescita economica: promuovere una crescita economica inclusiva, sostenuta e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti;
  9. innovazione e infrastrutture: costruire infrastrutture solide, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e favorire l’innovazione;
  10. ridurre le disuguaglianze: ridurre le disuguaglianze all’interno e tra i paesi;
  11. città e comunità sostenibili: creare città sostenibili e insediamenti umani che siano inclusivi, sicuri e solidi;
  12. utilizzo responsabile delle risorse: garantire modelli di consumo e produzione sostenibili;
  13. lotta contro il cambiamento climatico: adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze;
  14. utilizzo sostenibile del mare: conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile;
  15. utilizzo sostenibile della terra: proteggere, ristabilire e promuovere l’utilizzo sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire le foreste in modo sostenibile, combattere la desertificazione, bloccare e invertire il degrado del suolo e arrestare la perdita di biodiversità;
  16. pace e giustizia: Promuovere società pacifiche e solidali per lo sviluppo sostenibile, garantire l’accesso alla giustizia per tutti e costruire istituzioni efficaci, responsabili e solidali a tutti i livelli;
  17. Partnership per gli obiettivi: rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.

Le smart city già esistenti avranno un ruolo da protagoniste nel raggiungimento di gran parte di questi 17 obiettivi, soprattutto nel contrasto alla povertà, la riduzione delle disuguaglianze, l’occupazione e la protezione della biodiversità.

Il raggiungimento di questi obiettivi richiederà sforzi molto più complessi rispetto a scaricare un’ app o installare smart feature.

Richiederà che le città diventino delle piattaforme di sviluppo a 360 gradi: delle vere smart city.

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