Strumenti finanziari partecipativi: utilizzo nelle Startup, PMI e SRL
Da ormai anni il diritto societario è oggetto di numerosi cambiamenti normativi, voluti dal legislatore con l’intento di incrementare la costituzione di nuove società, migliorare l’attività e le iniziative imprenditoriali, nonché aiutare la crescita di quelle già esistenti.
Tra gli ultimi, vi è l’introduzione, attraverso il Decreto Crescita 2.0 – D. L. 179/2012, convertito in legge dalla Legge 221/2012, della figura di “Start-up innovativa”, modello “transtipico”, dotato di particolare forma societaria riconducibile alle società di capitali non quotate, avente per oggetto sociale attività a carattere esclusivo, e finalizzata alla progettazione e commercializzazione di beni o prodotti innovativi e tecnologicamente sviluppati.
Alle start up innovative, in particolare quelle con forma di società a responsabilità limitata, sono applicabili alcuni istituti giuridici riservati fino al 2012 esclusivamente alle società per azioni. Tra questi istituti, si è aperta la possibilità per le società di emettere strumenti finanziari di partecipazione; codesta facoltà, venne estesa nel 2017, attraverso la legge di bilancio 2017, convertito in legge dalla Legge 22/2015, anche alle PMI innovative, piccole e medie imprese che occupano meno di 250 persone, con un fatturato annuo non superiore i 50 milioni di euro oppure bilancio annuo inferiore a 43 milioni di euro, divergente dalle start up poiché non sono di nuova costituzione.
SFP, Strumenti Finanziari Partecipativi: cosa sono e perché vengono utilizzati
Gli strumenti partecipativi a carattere finanziario vengono qualificati dagli studiosi ed esperti della materia, come tertium genus tra azioni e obbligazioni, ovvero rispetto alla partecipazione al capitale di rischio e quella al capitale di debito.
Tali strumenti sono utili a rivenire metodi finanziamento o benefici economici di altra natura che inevitabilmente portano vantaggi alla società.
Lo strumento finanziario partecipativo nelle PMI
Nello specifico, queste importanti novità introdotte dalle Riforme suesposte, susseguitesi nel corso degli anni, hanno dato vita al processo di avvicinamento tra le PMI e il mercato finanziario, percorso altresì continuato poi con la L. 11 agosto 2014, n. 116, la quale con l’art. 20, permette alle società neo-quotate di conservare il diritto al voto plurimo e con un limite massimo di tre voti.
L’offerta al pubblico, oltre alla possibilità di prevederla nell’atto costitutivo, può avvenire anche attraverso l’utilizzo di portali online utili alla raccolta di capitali, definito dall’art. 1, co. 5°-novies, T.u.f. come “una piattaforma online che abbia come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle P.M.I. come definite dalla disciplina dell’Unione Europea e degli organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che investono in PMI”.
Lo strumento finanziario partecipativo nelle S.R.L.
L’argomento in questione è stato altresì oggetto di orientamenti interpretativi resi dalla Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, la quale nel 2018 ha provveduto a pubblicare massime afferenti alle PMI in forma di S.r.l.
Tuttavia, sempre in tema di utilizzo di strumenti di finanziamento per le società a responsabilità limitata, non è da dimenticare la Riforma di Diritto Societario del 17/01/2003, grazie alla quale stata introdotta la possibilità per le S.r.l. di emettere titoli di debito.
In particolare, l’art. 2483 c.c. titolato “Emissione di titoli di debito”, si suddivide in 4 commi in cui vengono esposte le condizioni e le modalità secondo cui possono essere emessi tali strumenti.
Anche per le S.r.l., tale possibilità deve essere direttamente prevista dall’atto costitutivo della società, indicando, inoltre, quale sia l’organo incaricato di pronunciarsi sulla delibera, oltre a limiti e condizioni cui dovrà adeguarsi chi deciderà sull’emissione.
In aggiunta, nel caso delle S.r.l., al contrario delle S.p.A., non è previsto che il verbale relativo all’emissione dei titoli sia redatto da notaio, salvo eventuali chiarimenti forniti dalla giurisprudenza in merito.
I titoli, inoltre, possono essere sottoscritti unicamente da investitori professionali, come banche, ad esempio, o intermediari finanziari.
Questa scelta è data da una maggiore prudenza sull’emissione, e di conseguenza acquisto, di titoli di debito da parte di S.r.l., caratterizzata dall’essere, solitamente, di piccole dimensioni e a conduzione famigliare. Per tal motivo, il legislatore preferisce non esporre il pubblico indifferenziato di risparmiatori all’investimento in titoli di queste forme societarie.
Per quanto concerne il limite dimensionale, è previsto un taglio minimo unitario afferente ad essi deve pari almeno a 50.000 euro. Nonostante ciò, non è previsto alcun limite massimo di importo emettibile.
Infine, rimane un’importante quesito in merito all’eventuale conversione di titoli di debito in quote, esattamente come avviene per le obbligazioni in azioni nelle S.p.A.
Il Codice civile così come la normativa ad esso collegata non si esprimono in merito a tale possibilità, rispettando dunque il volere dei soci che deve essere espresso sul punto in maniera incontrovertibile nelle norme statuarie.