Legge Anticorruzione n. 3/2019
Il 31.01.2019 è entrata in vigore la Legge n. 3/2019 dal titolo “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, definita anche legge “Spazzacorrotti”. Tra le norme più significative, con un maggior impatto a livello di tessuto sociale ed economico del paese, vi sono senz’altro quelle volte a contrastare il fenomeno della corruzione nel settore pubblico, attraverso il potenziamento dell’attività di prevenzione, accertamento e repressione dei reati contro la PA.
Le modifiche previste dalla Legge Anticorruzione, oltre a incidere sul testo del Codice Penale, del Codice di Procedura Penale e del Codice Civile, impattano anche su tutte quelle organizzazioni che abbiano implementato o intendano implementare un modello di prevenzione dei reati secondo il d.lgs. 231/2001, nonché sui soggetti che intendono implementare un sistema di gestione per la prevenzione della corruzione secondo la Norma ISO 37001. Il punto 3.1 di tale Norma, in particolare, descrive la corruzione come l’ “offrire, promettere, dare, accettare, sollecitare un indebito vantaggio (che potrebbe essere di natura finanziaria o non finanziaria), direttamente o indirettamente e indipendentemente dalla posizione ricoperta, in violazione delle leggi applicabili, come incentivo o ricompensa per una persona che agisce o che si astenga dall’agire in relazione all’esercizio delle funzioni di quella stessa persona”.
La Legge 3/2019, sulla scorta delle esigenze concrete di contrasto ai fenomeni corruttivi derivanti anche dalla legislazione comunitaria, ha tra le altre cose introdotto delle modifiche al reato di cui all’art. 346 bis, c.p., rubricato “Traffico di influenze illecite”, il cui testo rinnovato così recita:
“[1] Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.
[2] La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità.
[3] La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
[4] Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio”.
Ovviamente la corruzione è un reato nella maggior parte delle giurisdizioni. In termini generali, la corruzione è commessa laddove una persona (A) offre o concede qualche beneficio a un’altra persona (B) come incentivo per quella persona (B) o un’altra persona (C) ad agire in modo disonesto. Può anche verificarsi quando B richiede o sollecita un beneficio da A come incentivo per B o un’altra persona (C) ad agire in modo disonesto (in questo caso, il reato è di Induzione indebita a dare o promettere utilità ovvero di Concussione a seconda della posizione di forza che ricopre la carica pubblica). In tali casi, tutte quelle persone (A, B e C), così come altre persone che sono state complici del reato, possono essere colpevoli di corruzione.
Il tema della corruzione riguarda anche la Corporate Liability, e il d.lgs. 231/2001 dedica l’art. 25 proprio ai reati di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione. A seguito della pubblicazione della legge “Spazzacorrotti”, inoltre, il reato di Traffico di influenze illecite è stato inserito tra il novero dei delitti di cui deve rispondere anche l’ente, qualora venga commesso da un dipendente, apicale o soggetto comunque legato all’ente il quale abbia contribuito, tramite il proprio agire illecito, a portare un vantaggio illecito all’ente stesso ovvero lo abbia posto in essere nell’interesse di quest’ultimo. Il mediatore illecito può, invero, essere un soggetto privato incardinato presso una società o persona giuridica e, pertanto, agire nell’interesse della società in cui è incardinato, così come il suo finanziatore.
Il tema è quindi di particolare interesse, ad esempio, per i rapporti di consulenza aventi a oggetto “attività di relazioni istituzionali”, laddove il consulente si ponga come intermediario tra l’azienda e il soggetto dotato di pubblici poteri.
Attualmente, dunque, il testo dell’art. 25, d.lgs. 231/2001 è il seguente:
“1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321, 322, commi primo e terzo, e 346-bis del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote.
- In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 319-ter, comma 1, 321, 322, commi 2 e 4, del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
- In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 319, aggravato ai sensi dell’articolo 319-bis quando dal fatto l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter, comma 2, 319-quater e 321 del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.
- Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3, si applicano all’ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 320 e 322-bis.
- Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), e per una durata non inferiore a due anni e non superiore a quattro, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b).
5-bis. Se prima della sentenza di primo grado l’ente si è efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite e ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni interdittive hanno la durata stabilita dall’articolo 13, comma 2”.
La Legge Anticorruzione non si è limitata a introdurre l’art. 341 bis, c.p. fra i reati presupposto della responsabilità dell’ente. Essa ha anche inasprito le sanzioni interdittive, previste dall’art. 9, d.lgs. 231/2001 per i reati contro la P.A. Se, prima, infatti, le sanzioni interdittive per i reati di concussione (art. 317, c.p.), corruzione propria (art. 319, c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter, c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater, c.p.), istigazione alla corruzione propria (art. 322, commi 2 e 4, c.p.), erano previste per un periodo non inferiore ad 1 anno e non superiore a 2 anni, il nuovo comma 5 dell’art. 25, d.lgs. 231/2001 aumenta nettamente tale durata, operando anche una distinzione tra reato commesso dal soggetto apicale e reato commesso dal soggetto “sottoposto”: nel primo caso, la durata delle interdittive sarà compresa tra 4 e 7 anni; nel secondo caso, tra 2 e 4 anni.
Un’importante modifica riguarda anche i reati di Corruzione tra privati (art 2635, c.c.) e di Istigazione alla corruzione tra privati (art 2635 bis, c.c.) che prima della Legge 3/2019 erano procedibili solamente a querela di parte (tranne nell’ipotesi dell’art. 2635, c.c., dove il pubblico ministero poteva procedere d’ufficio se dal fatto fosse derivata una distorsione della concorrenza nell’acquisizione di beni o servizi). La nuova legge, abolendo il comma quinto dell’art. 2635, c.c. e il comma terzo dell’art. 2635 bis, c.c. ha reso anche tali reati procedibili d’ufficio, eliminando in questo modo l’impasse della volontà punitiva del privato che, di fatto, aveva fin da subito impedito l’applicazione giudiziaria dei due delitti de quo.
A seguito dell’entrata in vigore della Legge Spazzacorrotti, quindi, gli enti dovranno rivedere i propri Modelli 231 e predisporre dei protocolli e delle procedure interne per prevenire la commissione del nuovo reato di Traffico di influenze illecite, possibilmente integrandoli con la Norma ISO 37001.