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estinzione contravvenzioni ambientali

Estinzione delle contravvenzioni ambientali: la Cassazione fa il punto

Con la sentenza n. 24483/2021 la Sezione Terza Penale della Corte di Cassazione ha chiarito la natura della prescrizione impartita dagli organi di polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 318ter d.lgs. n. 152/2006.

Tale disposizione è collocata nella Parte VIbis del citato decreto, rubricata “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale” (contenente gli articoli da 318bis a 318octies) ed è stata introdotta nell’ordinamento dall’art. 1, comma 9, della legge n. 68 del 2015 che ha inserito il Titolo VIbis del Libro secondo del codice penale, intitolato “Delitti contro l’ambiente”.

Gli artt. 318bis e seguenti TUA disciplinano, in particolare, un meccanismo estintivo delle contravvenzioni punite dal d.lgs. n. 152 del 2006, il quale segue lo stesso schema procedurale delineato dagli artt. 19 e seguenti del d.lgs. n. 758 del 1994, per le contravvenzioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro.

Presupposto negativo ai fini della declaratoria di estinzione del reato è che la contravvenzione non abbia cagionato danno o pericolo concreto ed attuale alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette (art. 318bis TUA).

L’art. 318ter, “Prescrizioni”, è, per quanto di interesse, sostanzialmente sovrapponibile all’art. 20, del d.lgs. n. 758 del 1994: in entrambi i casi «allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un’apposita prescrizione fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario» (nel caso previsto dall’art. 318-ter, d.lgs. n. 152 del 2006, la prescrizione deve essere «tecnicamente asseverata»).

Come si legge nella sentenza in commento, la sostanziale sovrapponibilità dei procedimenti estintivi (espressamente riconosciuta da Sezione Terza, n. 49718 del 25/09/2019) consente di applicare alle prescrizioni impartite ai sensi e per gli effetti dell’art. 318ter e seguenti, d.lgs. n. 152 del 2006, i medesimi, consolidati principi di diritto affermati da questa Corte di cassazione in relazione alle prescrizioni impartite ai sensi degli artt. 20 e seguenti, d.lgs. n. 758 del 1994, principi secondo i quali la prescrizione di regolarizzazione impartita dall’organo di vigilanza ex art. 20 del d.lgs. n. 758 del 1994, richiamato dall’art. 15 del d.lgs. n. 124 del 2004, non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria, non connotato da alcuna discrezionalità, neppure tecnica, ed emesso sotto la direzione funzionale dell’autorità giudiziaria ex art. 55 c.p.p., che si sottrae all’impugnazione davanti al giudice amministrativo, restando ogni questione devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario penale.

Tuttavia, specificano i giudici di legittimità, tali atti non sono autonomamente ed immediatamente impugnabili davanti al giudice penale.

Questo, innanzitutto, per due ordini di ragioni: in primo luogo, in ossequio al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, avverso tali provvedimenti non è espressamente previsto alcun gravame trattandosi di atti che rientrano nell’attività tipica di polizia giudiziaria e ne costituiscono, ad un tempo, immediata esplicazione.

In secondo luogo, e non per ordine di importanza, la possibilità di impugnare le prescrizioni impartite ai sensi degli artt. 318bis e seguenti d.lgs. n. 152 del 2006, consentirebbe al giudice penale di esercitare il controllo sulle condizioni dell’esercizio dell’azione penale prima ancora che l’azione stessa venga esercitata o che il pubblico ministero adotti una qualsiasi determinazione al riguardo. Il giudice non può concorrere a disciplinare gli atti tipici della fase prodromica all’esercizio dell’azione penale addirittura dettandone i contenuti e le condizioni così stravolgendo il principio della separazione e autonomia delle funzioni, rispettivamente requirenti e giudicanti, e della titolarità esclusiva dell’azione penale in capo al pubblico ministero, scippato delle sue prerogative.

A conferma di tale impostazione rilevano le stesse norme che scansionano il procedimento estintivo delle contravvenzioni in materia ambientale previste dal Codice dell’Ambiente, le quali prevedono che l’adozione delle prescrizioni ex art. 318ter TUA non precluda l’autonoma iniziativa del pubblico ministero che ben può chiedere l’archiviazione del procedimento se ritiene che la notizia di reato sia infondata oppure esercitare l’azione penale se ritiene che la contravvenzione non sia oblabile a cagione del danno già provocato ovvero del pericolo concreto ed attuale di danno.

Ciò comporta (e conferma) che il sindacato sulla correttezza dell’operato dell’organo di vigilanza/polizia giudiziaria può (e deve) essere effettuato dal giudice penale solo all’esito delle determinazioni del pubblico ministero in ordine all’esercizio dell’azione penale.

In conclusione, è così affermato il seguente principio di diritto: «la prescrizione impartita ai sensi dell’art. 318ter, d.lgs. n. 152 del 2006, non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria non autonomamente né immediatamente impugnabile davanti al giudice penale, restando ogni questione devoluta al giudice penale successivamente all’esercizio dell’azione penale o alla richiesta di archiviazione».

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