Green Chemistry e regolamento REACH
Il Regolamento (CE) n. 1907/2006, cosiddetto REACH, è una normativa integrata per la registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche, che mira ad assicurare un maggiore livello di protezione della salute umana e dell’ambiente, aspirando al contempo a mantenere e rafforzare la competitività e le capacità innovative dell’industria chimica europea.
Attualmente, l’esposizione umana alle sostanze chimiche di sintesi – vale a dire le sostanze che sono il prodotto di reazioni o processi chimici, eseguite in laboratorio o negli impianti industriali, quindi sostanze “non naturali” – è un problema mondiale in aumento. Le vendite globali di prodotti chimici sono più che raddoppiate tra il 2004 e il 2014 (raggiungendo 542 miliardi di euro nell’UE nel 2017) e dovrebbero quadruplicare entro il 2060.
Il risultato è che la produzione chimica sta crescendo più rapidamente sia del prodotto interno lordo (PIL) che della popolazione. I livelli di produzione di prodotti chimici sono aumentati da una tonnellata negli anni ’30 a oltre 500 milioni di tonnellate ai giorni nostri.
In Europa, tra il 2007 e il 2016, sono stati prodotti quasi 930 milioni di tonnellate di sostanze.
La maggior parte di queste sono dannose. Si ritiene che il 70% delle sostanze chimiche presenti sul mercato dell’UE abbia proprietà pericolose. Anche la produzione di gruppi tossici di sostanze chimiche nell’UE è in aumento. Le nuove formulazioni per i pesticidi, ad esempio, sono da dieci a 100 volte più tossiche di quelle del 1975. Particolarmente preoccupante è anche l’aumento della produzione nell’UE (dal 2016) delle categorie di sostanze chimiche più tossiche classificate dall’UE.
Le sostanze tossiche possono avere un impatto notevole sulla competitività delle imprese e sulla loro capacità di innovazione. Infatti, Le imprese che utilizzano sostanze chimiche obsolete e pericolose sono costrette a investire ingenti somme di denaro, ad esempio, in misure di gestione del rischio, gestione dei rifiuti, pagamento di sanzioni e conformità legislativa in generale, per cercare di mantenere queste sostanze sul mercato.
I costi relativi alle domande di autorizzazione ai sensi della principale normativa UE sulle sostanze chimiche, la c.d. normativa REACH, per continuare a utilizzare sostanze estremamente problematiche (Substances of Very High Concern, SVHC), variano da 5.000 euro a 55.000 euro. Inoltre, si stima che l’industria spende milioni di euro all’anno per esercitare pressioni sulle autorità competenti affinché non regolamentino le loro sostanze chimiche.
Tuttavia, prima o poi, le sostanze che destano maggiori preoccupazioni saranno regolamentate e/o gradualmente eliminate, e le imprese che utilizzano sostanze chimiche pericolose rischieranno di essere chiuse.
Nel frattempo, le aziende che hanno investito nell’innovazione sostenibile si salveranno dal dover investire in tali pratiche e saranno ricompensate con opportunità di mercato che conseguiranno al divieto di utilizzo di una determinata sostanza.
È qui che la “chimica verde” (Green Chemistry) offre un’opportunità incoraggiante per eliminare le categorie di sostanze più tossiche e aumentare l’utilizzo di quelle meno nocive, stimolando l’economia verde per salvaguardare a lungo termine i siti produttivi dell’industria chimica e delle industrie utilizzatrici; promuovendo la creazione di posti di lavoro rispettosi dell’ambiente, elevati standard di salute e sicurezza sul lavoro, la tutela dell’ambiente e dei consumatori, nonché stimolando soluzioni innovative e nuove opportunità di mercato.
Ostacoli all’implementazione della Chimica Verde
Ma perché applicare i principi della chimica verde, quando si progettano le sostanze chimiche, non è la regola, ma l’eccezione?
Ci sono diversi ostacoli all’implementazione della Green Chemistry come pratica comune, come ad esempio:
- Mancanza di formazione, definizioni ed esperienze coerenti;
- La vecchia politica di un’azienda, la naturale resistenza umana al cambiamento, insieme alla riluttanza a sperimentare l’ignoto e la paura di alternative deplorevoli;
- Restrizioni tecniche, amministrative ed economiche;
- Mancanza di pressione a livello di produzione normativa e di applicazione delle norme;
- Comunicazione complessa lungo la catena di approvvigionamento in relazione alle sostanze chimiche utilizzate e alle loro proprietà;
- Mancata comprensione dei costi complessivi della sostituzione e della sicurezza attraverso le pratiche di progettazione;
- Mancanza di programmi di finanziamento specifici.
D’altra parte, ci sono diversi fattori che contribuiscono alla diffusione e allo sviluppo della chimica verde, tra cui:
- Requisiti della catena di approvvigionamento;
- Costi per i lavoratori e per la tutela dell’ambiente;
- Pressione del pubblico e dei lavoratori.
AskREACH
Un buon esempio di pressione del mercato è il progetto AskREACH di un gruppo di ONG (tra cui l’Agenzia europea dell’ambiente, EEA), accademici e agenzie ambientali. AskREACH permetterà ai consumatori di scoprire se le SVHC sono utilizzate nei prodotti che acquistano, attraverso un’applicazione che analizza i prodotti. Il gruppo AskREACH spera, in questo modo, di dare alle persone il potere di allontanarsi dalle merci che contengono queste sostanze chimiche pericolose e di incoraggiare i produttori a sostituirle con altre più sicure.
La regolamentazione come principale motore dell’innovazione
È un principio oramai acquisito che le leggi sulla gestione delle sostanze chimiche e sulla protezione dell’ambiente sono il principale motore dell’immissione sul mercato di sostanze chimiche più sicure. Il regolamento REACH è quindi visto come un potente promotore dell’innovazione sostenibile e della Green Chemistry.
La direttiva REACH concede inoltre potenziali esenzioni dalla registrazione per cinque anni per le sostanze utilizzate nella ricerca e sviluppo, il che favorisce l’introduzione di nuovi materiali innovativi nel mercato dell’UE.
Il processo di registrazione REACH sta aumentando le conoscenze sulle proprietà tossicologiche ed eco-tossicologiche delle sostanze.
Purtroppo, le informazioni fornite dalle aziende sono ancora lontane dall’essere complete e affidabili. Infatti, secondo l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), il 70% dei dossier di registrazione non è conforme ai requisiti legali. Secondo un’indagine triennale delle autorità nazionali resa pubblica l’anno scorso, le imprese violano il diritto comunitario non comunicando all’ECHA se le loro sostanze sono cancerogene, neurotossiche, mutagene, bioaccumulabili e/o dannose per i bambini in via di sviluppo o per la fertilità umana.
Si tratta di un’opportunità mancata, poiché la registrazione è un passo importante che consente agli utilizzatori a valle di comprendere meglio le proprietà delle sostanze che trattano e fornisce anche alcune informazioni su possibili sostanze e processi alternativi. Le autorità dell’UE dovrebbero migliorare l’applicazione delle norme, la trasparenza e l’accesso al mercato, in quanto questi sono i migliori incentivi per le imprese a conformarsi.
La procedura di autorizzazione REACH
Il principale strumento fornito dalla normativa REACH per promuovere la chimica verde e l’ innovazione sostenibile è senza dubbio la procedura di autorizzazione, che facilita la graduale eliminazione delle sostanze chimiche pericolose e la loro sostituzione con alternative più sicure.
L’obiettivo dell’autorizzazione è che le sostanze estremamente problematiche siano progressivamente sostituite da sostanze o tecnologie alternative più sicure e adeguate.
Il primo passo dell’autorizzazione è l’identificazione di una SVHC da inserire in una lista delle sostanze candidate all’autorizzazione, che costituisce un’allerta preventiva delle sostanze che dovrebbero essere sostituite per prime in quanto non sarebbero ammesse sul mercato europeo.
Sebbene il processo sia estremamente lento, come riconosciuto dalla Commissione europea nella sua relazione sulla seconda revisione della normativa REACH, l’inserimento nell’elenco dei candidati sta già avendo un impatto reale sull’innovazione in quanto incentiva sostanze (e tecnologie) più verdi. Uno studio del Centro per il diritto internazionale dell’ambiente (CIEL), ha dimostrato come le invenzioni brevettate abbiano avuto uno straordinario impulso al momento dell’adozione del regolamento REACH nel 2006. Quando le SVHC sono inserite ufficialmente nell’elenco dei candidati, la tendenza all’ ”invenzione” si intensifica.
Infatti, una volta che le SVHC sono inserite nell’“elenco delle autorizzazioni”, esse richiederanno un’autorizzazione specifica per l’uso prima di poter essere utilizzate e la sostituzione avrà la priorità. A tal fine, tutte le imprese che richiedono un’autorizzazione specifica per l’uso analizzano la disponibilità di alternative e valutano i loro rischi, nonché la fattibilità tecnica ed economica della sostituzione.
Se sono disponibili alternative idonee e la sostanza non può essere adeguatamente controllata, la domanda di autorizzazione non deve essere accolta. Anche se concesso, il suo uso sarà riesaminato qualora si rendano disponibili nuove informazioni su possibili sostituti.
Per le aziende che utilizzano le SVHC, si tratta di un forte incentivo alla ricerca di alternative intrinsecamente più sicure. L’autorizzazione mira infatti a favorire i concorrenti che producono e utilizzano alternative più sicure piuttosto che i ritardatari che utilizzano o producono sostanze chimiche pericolose/obsolete.
A sua volta, la sostituzione di sostanze chimiche pericolose con soluzioni più sicure contribuisce a salvaguardare a lungo termine i siti di produzione dell’industria chimica e delle industrie utilizzatrici e promuove la creazione di posti di lavoro e standard elevati di salute e sicurezza sul lavoro, nonché la tutela dell’ambiente e dei consumatori. Inoltre, stimola soluzioni innovative e nuove opportunità di mercato.
Tuttavia, le attuali carenze di attuazione del processo di autorizzazione non consentono al sistema di mostrare il suo migliore potenziale per promuovere efficacemente la sicurezza delle sostanze chimiche fin dalla loro progettazione. In pratica, il divieto di utilizzo delle SVHC è troppo lento per avere un impatto reale sull’economia europea.
Sono troppo poche le sostanze proposte per l’autorizzazione, il che significa che sono troppo poche le sostanze pericolose che vengono gradualmente eliminate, mettendo a rischio la salute umana e l’ambiente e scoraggiando le imprese dall’innovazione e dalla sostituzione delle SVHC.
Inoltre, molte sostanze che destano preoccupazione sono ancora prodotte e utilizzate nell’Unione europea, poiché, finora, tutte le applicazioni per mantenere la produzione o l’uso di SVHC hanno ottenuto un’autorizzazione generale. Con queste decisioni, la Commissione incentiva l’uso delle SVHC invece di incoraggiarne la sostituzione, danneggiando il numero non così esiguo di imprese europee che sono in anticipo rispetto al regolamento e stanno già trovando alternative alle sostanze chimiche nocive.
Si tratta quindi di penalizzare queste imprese, lasciandole in una situazione di svantaggio economico. Sono loro, non i ritardatari, che dovrebbero essere ricompensati. In questo modo, la normativa REACH potrebbe anche contribuire a sostenere l’innovazione e a rafforzare l’agenda della Commissione per la crescita e l’occupazione, proteggendo al tempo stesso la salute e l’ambiente.
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile
Tutte queste carenze impediscono all’UE di raggiungere gli obiettivi del vertice mondiale per lo sviluppo sostenibile 2020 (World Summit Sustainability Development 2020 Goals), come riconosciuto dalla Commissione europea nella sua recente revisione del regolamento REACH. Per garantire il raggiungimento di questi importanti obiettivi, l’UE dovrebbe concentrarsi:
- nell’applicazione del principio “nessun dato, nessun mercato”;
- nello stimolare realmente la sostituzione di sostanze tossiche;
- nell’incoraggiare un’adeguata applicazione nel territorio dell’Unione Europea;
- nel rendere più praticabile il “diritto di sapere”;
- nel migliorare l’identificazione di nuove SVHC.
Un’opportunità d’oro per la Green Chemistry
Nel complesso, la normativa REACH ha un grande potenziale per incoraggiare sostanzialmente la transizione verso alternative più sicure, aumentando nel contempo le opportunità di mercato per le imprese “verdi” e gli incentivi per l’innovazione sostenibile. La certificazione REACH rappresenta quindi un’occasione d’oro per promuovere la transizione verso una chimica verde più sostenibile e creare nuovi posti di lavoro rispettosi dell’ambiente attraverso l’innovazione.
L’industria chimica potrebbe dare un importante contributo allo sviluppo sostenibile e allo stesso tempo realizzare un buon profitto. Le principali aziende chimiche concordano sul fatto che la chimica obsoleta, persistente e pericolosa, non ha futuro e produrre sostanze chimiche più sicure fa bene al business.
L’industria chimica europea non dovrebbe quindi perdere l’opportunità di diventare il precursore a livello mondiale dello sviluppo della Green Chemistry.