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corporate sustainability e due diligence di impresa

Corporate Sustainability e Due Diligence: la proposta di direttiva unionale

Per analizzare la questione attinente agli strumenti a disposizione delle aziende nella fase di enforcement in materia di diritti umani, occorre concentrarsi su una Legislational Bill pubblicata in data 23 febbraio 2022 dalla Commissione Europea.

In primis l’aspetto davvero sorprendente consta del fatto che questa proposta, qualora divenisse una Legally Binding Provision, consisterebbe nel primo atto legislativo di diritto derivato implicante un obbligo, in capo alle Legal Entities iscritte presso Registri delle Imprese di Paese UE, tanto in materia di diritti umani quanto in materia di ambiente.

Passando ad un’analisi in senso sostanziale della disciplina, occorre dapprima soffermarsi sull’articolo 3 del testo presentato a Bruxelles inerente alle definizioni; alla c compare la dicitura “impatto negativo sui diritti umani”, ovverosia la potenziale violazione operata da parte di una società privata in materia di diritti umani o libertà fondamentali espressamente tutelate così come “previsto nella Parte I, Sezione II, dell’Allegato I”; questo elemento sarà poi oggetto di maggiore approfondimento in fase conclusiva dell’articolo.

In secundis, va posta in essere una attenta focalizzazione sull’articolo 7 del Testo presentato in Commissione, ovvero la prevenzione concernente le ripercussioni ed i potenziali impatti negativi sulle impelling questions; il comma 2 di detta disposizione alle prime due lettere stabilisce, rispettivamente alle lettere a e b, la predisposizione di piani che assicurino efficacia in materia sostanziale ai principi cardine ed un obbligo consistente nel richiedere al proprio partner commerciale garanzie contrattuali constatanti il rispetto delle Convenzioni Internazionali in materia di diritti umani che la lotta ai cambiamenti climatici.

Questa misura si rivela poi particolarmente stringente ad una attenta lettura del comma 5 lettera b della stessa disposizione, in quanto il mancato rispetto di detta garanzia è stato ritenuto threshold criteria  per procedere, nel caso di “accertato impatto negativo”, all’immediata cessazione del rapporto d’affari con la controparte.

Un’ulteriore previsione legislativa che merita di essere presa in considerazione per avere un completa comprensione della normativa è l’articolo 15, avente ad oggetto la lotta ai cambiamenti climatici: la ragione di ciò attiene al fatto che le istituzioni europee adottanti tale atto ai sensi della procedura co-decisionale, ovvero Commissione e Parlamento, disciplinino una pending obligation in capo agli Stati Membri consistenti nell’adottare una normativa interna che stabilisca come le aziende siano tenute a rispettare i parametri delineati nell’Accordo di Parigi sul Clima del 30 novembre 2015, consistenti in una progressiva e graduale implementazione della business sustainability  e nell’obbiettivo di raggiungere la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius, così come definito in maniera altrettanto specifica nella 2030 UN Agenda for Climate Change.

L’impatto della normativa nel diritto comunitario

In conclusione, quale potrebbe essere e come andrebbe valutato l’impatto di questa normativa nel contesto di diritto comunitario derivato? In primo luogo una questione di maggiore spicco attiene al fatto che questa normativa disciplini la materia del rispetto dei diritti umani, con una particolarità, ovverosia il fatto che nell’allegato alla normativa indicante le fonti di diritto internazionale non compaia la Convenzione Europea in Materia di diritti dell’uomo (altresì detta Convenzione di Roma del 1950), in quanto strumento di derivazione pattizia a cui hanno aderito i singoli stati; il Legislatore Comunitario ha evitato la ripetizione della ratione materiae competence overlapping avutasi nel dicembre del 2000 a seguito della ratifica e successiva entrata in vigore della Carta Europea in materia di diritti dell’uomo (la c.d. Carta di Nizza), quando la Corte di Giustizia UE di Lussemburgo si è de facto sostituita alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo nel giudicare se uno Stato Membro avesse commesso o meno una violazione di un diritto umano o libertà fondamentale.

In secondo luogo, e questo lo si evince in modo assai evidente dall’articolo 15, le principali istituzioni UE sono intenzionate a ragionare in senso ancora più stringente rispetto alla necessità di implementare i principi definiti dagli Accordi sul Clima di Parigi del 12 dicembre 2015 in materia di ecosostenibilità,  concetto già recepito da numerose aziende europee, in particolar modo Airbus, che ha recentemente orientato la propria compliance aziendale  al fine di rafforzare la produzione di velivoli alimentati a carburante avente bassissima emissione di CO2.

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