Intelligenza artificiale e nuove responsabilità medico-farmaceutiche
Semplificando un concetto per sua natura complesso, con la locuzione Intelligenza Artificiale ci si riferisce a software o programmi capaci di porre in essere, con un grado più o meno elevato di autonomia, operazioni simili alle umane attività di apprendimento e di assunzione di decisioni finalizzate a specifici obiettivi.
Il dilagare, da qualche anno a questa parte, delle applicazioni di Artificial Intelligence e robotica intelligente a livello mondiale non lascia immune il settore sanitario: il quale, anzi, appare oggi come uno degli ambiti maggiormente interessati da tale fenomeno, dal settore farmaceutico a quello dei vari medical device, sino agli ambiti della ricerca e sviluppo (R&D) e della cura del paziente.
Si pensi alle evidenti interazioni tra il mondo dei big data sanitari e programmi dotati di Intelligenza Artificiale capaci di loro analisi, anche istantanea, a fini di ricerca, prevenzione, diagnosi e gestione delle cure e dei relativi esiti; analisi che solo un’intelligenza non umana potrebbe condurre in tempi davvero utili per scegliere le idonee terapie e indirizzare le tendenze della ricerca scientifica.
Intelligenza artificiale nel settore medico-sanitario
Ad esempio, il progetto Google Deepmind Health è stato creato per scandagliare i dati dei registri medici in modo da poter fornire servizi sanitari migliori e più veloci. Il computer della IBM chiamato “Watson” è utilizzato per analizzare i dati genetici di un gran numero di persone affette da tumore al cervello, compiendo in pochi minuti attività che, se condotte da medici umani, avrebbero richiesto settimane (o anche mesi). La startup Enlitic con base a San Francisco, sta utilizzando l’Intelligenza Artificiale per individuare e prevenire il cancro. Il programma Physiscore, analizza in tempo reale i dati raccolti nei reparti di terapia intensiva neonatale (peso, battiti cardiaci, tempi di respirazione, saturazione d’ossigeno, ecc.) al fine di prevedere l’eventualità che bambini nati prematuramente possano o meno sviluppare problemi di salute e quali.
Mentre è da tempo che si parla dell’avvento, nelle sale operatorie, dei robo-surgeon, sono già variamente impiegati strumenti robotici dotati di forme di Intelligenza Artificiale, a supporto dell’attività del chirurgo, che permettono l’intervento di un sanitario non fisicamente presente nella sala operatoria, consentendogli di manovrare la strumentazione chirurgica in lontananza, come nel caso del noto robot Da Vinci, il cui impiego era stato autorizzato negli Stati Uniti già nel 2000 e ora viene utilizzato, anche in Italia, principalmente in operazioni chirurgiche in ambito cardiaco o prostatico.
È evidente come, a fronte di tali nuove tecnologie, emergano nuove frontiere giuridiche, non soltanto in termini di brevettabilità e tutela delle invenzioni tecniche innovative, ma anche di nuove corrispondenti responsabilità dell’ideatore delle tecnologie stesse.
I problemi, in termini di responsabilità per un’erronea condotta, ad esempio, del robot, e i possibili danni derivanti in capo al paziente sono evidenti, anche e soprattutto con riguardo alle responsabilità del progettista e del creatore dell’algoritmo in base al quale il robot determina il proprio comportamento. Nel caso, poi, della strumentazione chirurgica robotica, la sua più o meno elevata autonomia decisionale potrebbe determinare differenti ipotesi di modulazioni di responsabilità tra struttura sanitaria, chirurgo e produttore della macchina.
La soluzione di ricorrere all’interpretazione legislativa della c.d. “responsabilità da prodotto” non sarebbe sufficiente a garantire un’ampia tutela dei diritti del paziente (soggetto “debole” del rapporto), mentre maggiormente preferibile potrebbe essere la strada della responsabilità da human in command, vale a dire che non si esenti mai il personale sanitario (ed eventualmente la struttura) da responsabilità (anche di tipo oggettiva), fatta salva ogni possibilità di azione di rivalsa nei confronti della casa produttrice qualora l’evento si dimostri interamente ascrivibile a un malfunzionamento interno della macchina.
Intelligenza artificiale nel settore farmaceutico
Anche nel settore farmaceutico l’impiego dell’Intelligenza Artificiale permette di avere in tempi più veloci le risposte alle necessità dei medici; si pensi ad esempio all’impiego di “super-computer” per prevedere, partendo da un database il più ampio possibile di descrizioni di strutture molecolari, quali farmaci potranno risultare veramente efficaci. Presto, inoltre, tecnologie simili permetteranno di adattare la struttura del singolo farmaco alle esigenze del singolo paziente, con una farmaceutica destinata a diventare sempre più tailormade.
L’utilizzo di forme di intelligenza artificiale si estenderà, a breve, al possibile utilizzo e commercializzazione di packaging intelligente per il confezionamento del farmaco. Si prevede, infatti, che sarà il contenitore del farmaco a gestire il contenuto, e quindi il farmaco stesso, con l’introduzione di confezioni di medicinali in grado di coordinare posologia ed erogazione, magari “dialogando” con le confezioni di medicinali complementari.
Per i prodotti medicali, del resto, è già considerato e responsabilizzato come “produttore” non solo chi fabbrica il prodotto, ma anche chi lo confeziona (si veda la definizione di “fabbricante” contenuta nell’art. 1 del d.lgs. n. 46/1997).
Il panorama normativo europeo
Il Parlamento europeo ha approvato, il 16 febbraio 2017, una Risoluzione recante “raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica” (2015/2103 INL), invitando, in estrema sintesi, la Commissione europea a formulare e sottoporre al legislatore comunitario una proposta di direttiva che individui norme civilistiche da implementare negli ordinamenti degli Stati membri, in grado di regolare in modo uniforme diversi aspetti connessi all’impiego di robot basati sull’impiego di intelligenza artificiale.
Nella Risoluzione si prende atto che l’impiego di sistemi robotici è in grado di “modificare il nostro concetto di corpo umano in salute, dato che possono essere portati direttamente sul corpo umano o essere impiantati nel corpo umano”, individuando, a tal proposito, due specifiche problematiche connesse a tali nuove caratteristiche: la necessità di garantire l’accesso continuo alle manutenzioni e agli aggiornamenti del software, e l’esigenza di proteggersi dai rischi connessi alla possibilità di “hackeraggio”, disattivazione o cancellazione della memoria delle componenti integrate nel corpo umano.
La Risoluzione conferma, poi, la prevalenza di quello che è stato generalmente definito come “human-in-command approach”. Infatti, la Risoluzione considera “fondamentale rispettare il principio dell’autonomia supervisionata dei robot“, in virtù del quale “la programmazione iniziale di cura e la scelta finale sull’esecuzione spetteranno sempre a un chirurgo umano”, ed enfatizza, di conseguenza, l’importanza della formazione del personale sanitario al fine di consentire lo sviluppo dei requisiti professionali necessari ad essere autorizzati ad utilizzare i “robo-chirurghi“.
La Risoluzione ha avuto l’effetto di consentire e facilitare l’emanazione di norme di settore anche nel comparto sanitario, come il Regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2017, relativo ai dispositivi medici, che modifica la direttiva 2001/83/CE, il regolamento (CE) n. 178/2002 e il regolamento CE n. 1223/2009 e che abroga le direttive 90/835/CEE e 93/42/CEE del Consiglio. Il recente Regolamento contempla, infatti, previsioni di natura essenzialmente tecnica, concernenti anche l’impiego del software quale dispositivo medico o quale parte di un device medicale (c.d. “sistema elettronico programmabile”); disposizioni che hanno, in qualche misura, ampliato le possibilità delle norme in questione di trovare applicazione anche a prodotti dotati di intelligenza artificiale.
Il Regolamento UE entrerà in vigore il 26 maggio 2020. Come è accaduto in materia di privacy per il General Data Protection Regulation (GDPR), il nuovo regime comporterà la necessità per gli operatori del settore di adeguarsi entro la suddetta scadenza alle nuove previsioni, e uno degli ambiti che maggiormente costituirà oggetto di tale “revisione” è proprio quello relativo all’applicazione delle nuove tecnologie, anche “intelligenti”.
Ai sensi dell’art. 2 del Regolamento, infatti, per “dispositivo medico” si intende “qualunque strumento, apparecchio, apparecchiatura, software, impianto, reagente, materiale o altro articolo destinato dal fabbricante a essere impiegato sull’uomo, da solo o in combinazione” ai fini di diagnosi, prevenzione, monitoraggio, prognosi, trattamento o attenuazione di malattie, di lesioni o di disabilita, o anche ai fini di “studio, sostituzione o modifica dell’anatomia oppure di un processo o stato fisiologico o patologico”.
Inoltre, l’Allegato I del Regolamento, rubricato “Requisiti generali di sicurezza e prestazione”, stabilisce alcuni standard e norme applicabili ai cc.dd. sistemi elettronici programmabili, prevedendo, tra l’altro, che tali dispositivi medici debbano essere progettati in modo da “garantire la riproducibilità, l’affidabilità e le prestazioni in linea con la destinazione d’uso per essi prevista” e che, per i dispositivi contenenti software, questo debba essere “sviluppato e fabbricato conformemente allo stato dell’arte, tenendo conto dei principi del ciclo di vita dello sviluppo, della gestione del rischio, compresa la sicurezza delle informazioni, della verifica e della convalida”.
Principi, concetti e criteri, questi, presi in prestito dalla normativa in materia di responsabilità da prodotto (sempre di origine comunitaria) la quale si conferma, dunque, almeno per ora, il punto di partenza privilegiato di ogni iniziativa sul tema delle nuove responsabilità derivanti dall’impiego dell’intelligenza artificiale nelle realtà industriali, anche nel settore sanitario.