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5G rischi sull uomo

Rete 5G: un pericolo per la salute umana e ambientale?

LE CARATTERISTICHE DEL 5G

La rete 5G, l’ultima frontiera evolutiva delle reti mobili, si è affermata nell’ultimo periodo come uno dei temi più “caldi” nel dibattito di diversi settori, a partire da quello tecnologico per arrivare a quello politico; il più delle volte, l’aspetto riguardante la portata potenzialmente rivoluzionaria dell’implementazione di questa tecnologia viene oscurato dalle potenziali ricadute sulla salute della popolazione e per la tutela dell’ambiente.

Come spesso accade quando si parla di novità scientifiche e tecnologiche, il dibattito sul tema è alterato da informazioni poco precise (se non proprio false), che non permettono al pubblico di avere una rappresentazione corretta degli eventuali pro e contro di questo ultimo sviluppo tecnologico.

Per avere un’idea chiara della rete 5G è innanzitutto necessario conoscerne le caratteristiche. Si tratta della quinta generazione della rete mobile, che promette prestazioni davvero considerevoli in termini di velocità, tempi di risposta, stabilità della connessione e copertura: in condizioni ottimali, le reti 5G garantiscono una velocità di 1 Gbps (con picchi potenzialmente raggiungibili sui 20 Gbps), tempi di risposta (ping) sensibilmente ridotti rispetto alla rete 4 LTE (potenzialmente inferiore al millisecondo), e una densità di rete tale da consentire l’accesso fino a un milione di dispositivi per chilometro quadrato. Per dare un’idea del “salto” evolutivo rispetto alle odierne reti 4 LTE, si consideri che queste garantiscono un picco di velocità di 320 Mbps e un ping non inferiore ai 20 millisecondi, per non parlare delle difficoltà a supportare molti dispositivi connessi (si pensi a luoghi molto affollati come piazze in occasioni di manifestazioni o stadi, dove la rete è intasata dal numero eccessivo di dispositivi connessi alla medesima cella).

Il tratto probabilmente più impressionante è quello relativo al numero di dispositivi connettibili, che garantirebbe la definitiva affermazione dell’Internet of Things (IoT), tutti i dispositivi di uso quotidiano (non necessariamente smartphone o pc, ma anche automobili, termostati, orologi) dotati di una connessione internet, che grazie alla rete 5G potranno garantire ottime prestazioni anche in caso di reti “affollate”.

È innegabile quindi che l’arrivo delle reti 5G costituisca un notevole progresso nel processo di connessione continua e totale del mondo. Progresso tangibile sia in termini di comfort quotidiano, con ad esempio la possibilità di scaricare un film in pochi secondi, sia in termini di benefit produttivi: da una parte, l’alta velocità, unita ai tempi di risposta azzerati, è in grado di annullare ogni distanza (l’esempio più utilizzato in questo caso è quello del medico chirurgo che opera un paziente da remoto anche a migliaia di chilometri di distanza); dall’altra la potenza e la densità del segnale permettono un gran numero di connessioni simultanee senza fili: si pensi ai vantaggi di poter connettere wireless un intero sito produttivo o diversi uffici, senza compromettere la qualità della linea. Inoltre, una rete così potente e diffusa consentirebbe buone prestazioni anche in zone meno accessibili, che altrimenti rischiano l’isolamento.

D’altra parte però, una rete di questo tipo, per essere supportata, necessita di una ampia copertura, con ripetitori di segnale ben distribuiti sul territorio. Questo perché la caratteristica che permette un segnale così potente è data dalla lunghezza e dalla frequenza delle onde radio: la rete 5G utilizza onde molto corte, ma ad alta frequenza (in particolare, si tratta di onde nella misura di millimetri, con una frequenza di 30 GHz), che permettono un segnale più potente ma più sensibile agli ostacoli quali muri, alberi, o anche la pioggia, al contrario delle reti attive finora, che utilizzano onde più lunghe e dalla frequenza minore. Ciò richiede di aumentare le fonti del segnale, in modo da aggirare i vari ostacoli e prevenire interruzioni di segnale, con conseguente aumento dell’esposizione alle frequenze elettromagnetiche.

Ed è proprio questo fatto che ha suscitato preoccupazioni e diffidenza nei confronti della rete 5G. I campi elettromagnetici, costituiti dalle onde radio, si distinguono in campi non – ionizzanti, non pericolosi, e campi ionizzanti, potenzialmente cancerogeni e in grado di distruggere le cellule umane. La rete 5G utilizza frequenze molto vicine al limite dei campi ionizzanti, e richiedendo una copertura quasi capillare, la popolazione risulterebbe costantemente esposta a questi campi elettromagnetici così diffusi, destando quindi preoccupazione in termini di ricadute sulla salute della popolazione.

L’APPROCCIO EUROPEO ALLA QUESTIONE

Benché il tema delle radiazioni elettromagnetiche sia emerso in modo importante recentemente in prossimità dell’arrivo del 5G, la materia è oggetto di attenzioni da tempo in Europa. Per quanto riguarda l’Unione, la norma generale a tutela della salute nell’ordinamento UE è l’art. 168 del TFUE, il quale garantisce “un elevato livello di protezione della salute umana” nella definizione e attuazione di tutte le politiche dell’unione; tuttavia, in tema di radiazioni elettromagnetiche non sono previste norme obbligatorie: la materia è affrontata nella “Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 1999, relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz”, la quale stabilisce delle linee guida sui limiti di esposizione a campi elettromagnetici, a cui i Paesi Membri devono ispirarsi legiferando. In particolare:

  • fra 0 e 1 Hz sono stati definiti limiti di base per l’induzione magnetica relativamente ai campi magnetici statici (0 Hz) e per l’intensità di corrente relativamente ai campi variabili nel tempo fino a 1 Hz, al fine di evitarne effetti sul sistema cardiovascolare e sul sistema nervoso centrale;
  • fra 1 Hz e 10 MHz sono stati definiti limiti di base per l’intensità di corrente, in modo da evitare effetti sulle funzioni del sistema nervoso;
  • fra 100 kHz e 10 GHz sono stati definiti limiti di base per il SAR, in modo da evitare lo stress da calore su tutto il corpo e l’eccessivo riscaldamento localizzato dei tessuti. Nell’intervallo di frequenza compreso fra 100 kHz e 10 MHz, i limiti di base previsti si riferiscono sia all’intensità di corrente che al SAR;
  • fra 10 GHz e 300 GHz sono stati definiti limiti di base per la densità di potenza al fine di evitare il riscaldamento dei tessuti della superficie del corpo o in prossimità della stessa.

Linee guida a loro volta tratte dalle indicazioni fornite dalla Commissione Internazionale sulla Protezione da Radiazioni Non-Ionizzanti (ICNIRP), organizzazione non governativa riconosciuta dall’Organismo Mondiale della Sanità. In quanto linee guida, si tratta di limiti non obbligatori per gli Stati; tuttavia, anche sulla scorta di indicazioni di alcuni organismi tra cui l’Agenzia Europea per l’Ambiente, che sostiene da tempo un approccio precauzionale nei riguardi dell’esposizione ai campi elettromagnetici, chiedendo agli Stati Membri di fare di più per informare i cittadini sui rischi derivanti dall’esposizione, alcuni Stati hanno adottato misure più stringenti di quelle previste nella Raccomandazione.

Conscio della potenziale alta pericolosità dei campi elettromagnetici, nel 2009 il Parlamento Europeo ha sollecitato la Commissione a valutare e riferire sulla validità scientifica e l’adeguatezza dei limiti contenuti nella Raccomandazione del 1999. Conseguentemente, il Comitato Scientifico sui Rischi Sanitari Emergenti e Recentemente Identificati (SCENHIR), chiamato ad esprimersi sul tema, ha evidenziato nel suo ultimo report la mancanza di prove circa la capacità dei campi elettromagnetici di colpire le funzioni cognitive umane e di contribuire ad aumentare di casi di cancro in adulti e bambini.

Tuttavia, dal momento che diversi membri del Comitato sono stati accusati di trovarsi in posizione di conflitto di interesse, avendo ricevuto diversi fondi da parte di compagnie telefoniche, il Comitato è stato sollevato dall’incarico e sostituito dal Comitato Scientifico sui Rischi Sanitari e Ambientali Emergenti (SCHEER), il quale, confermando l’importanza del 5G per le ricadute positive che potrebbe generare, ha tuttavia sottolineato come il rischio potenziale derivante da questa tecnologia sia altrettanto alto.

Nonostante queste considerazioni, la Commissione europea ha posto come obiettivi da raggiungere nel 2025 la realizzazione della c.d. gigabit society, con questi presupposti: a) un accesso internet per scuole, università, centri ricerca, ospedali e principali strutture di servizi, con una velocità di almeno 1 Gbps; b) garantire una velocità di almeno 100 Gbps sia per centri urbani che rurali; c) accesso ininterrotto alla rete 5G nelle aree urbane, sulle principali stradi e sulle ferrovie. Di conseguenza, il Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche (EECC), adottato a fine 2018, ha stabilito che gli Stati Membri devono autorizzare l’utilizzo delle frequenze per il 5G (700 MHz, 3,5 GHz e 26 GHz), dando quindi il “via libera” definitivo all’implementazione del 5G.

A livello invece di “Grande Europa”, il Consiglio d’Europa affronta la questione con la Risoluzione 1815 (2011), che espone i rischi derivanti anche da campi elettromagnetici a bassissima frequenza, generati da linee di corrente e dispositivi elettrici, e che afferma che anche alcune frequenze non ionizzanti sembrano produrre effetti biologici più o meno dannosi su persone, animali e piante.

La risoluzione, in definitiva, sottolinea la necessità dell’indipendenza e credibilità delle conoscenze scientifiche utilizzate, per ricavare un’opinione trasparente e bilanciata sui possibili aspetti negativi del 5G su salute e ambiente, consigliando nel frattempo alcune misure di prevenzione come adottare ogni misura ragionevole per ridurre l’esposizione ai campi elettromagnetici, riconsiderare le basi scientifiche su cui poggiano gli attuali standard sull’esposizione ai campi elettromagnetici, preferire le connessioni cablate in luogo di quelle senza fili.

GLI STUDI SUGLI EFFETTI DEL 5G

Gli studi e le ricerche sugli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici sono stati protagonisti negli ultimi anni di una rapida e considerevole proliferazione, con un focus particolare agli effetti derivanti dall’esposizione al 5G, e i risultati non sono univoci.

Diversi comunque sono gli studi che sostengono l’esistenza di potenzialità dannose della rete 5g, tanto che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha dato priorità agli studi sulle onde elettromagnetiche per il prossimo quinquennio.

Benché si tratti di onde classificate come non ionizzanti, e quindi non pericolose, la preoccupazione generale è giustificata dal fatto che anche onde di questo genere possono causare effetti negativi sulla salute umana, relativamente alla generazione di calore: il principio è lo stesso alla base del funzionamento del forno a microonde, che utilizza onde con lunghezza e frequenza inferiori a quelle del 5G, e i temuti danni potenziali sono infatti correlati al surriscaldamento dei tessuti.

Alcuni scienziati inoltre, firmatari di un appello per il 5G indirizzato all’ONU nel 2015 e successivamente all’Unione Europea nel 2017, sostengono che il potenziale pericoloso delle onde elettromagnetiche risieda non tanto nella potenza del segnale, quanto nell’impulso. Le onde millimetriche del 5G possiedono una limitata capacità di penetrare i tessuti, e i danni dovrebbero quindi ripercuotersi “solo” sulla pelle o altri tessuti esposti; tuttavia, a causa della maggior frequenza delle onde, i danni potrebbero estendersi anche agli organi interni.

Tra i diversi studi effettuati in materia, particolarmente interessante è quello che emerge da una review del 2016: sulla base di 100 studi sottoposti a peer review, condotti in diverse modalità su cellule vive (in vitro, animali, piante), ricercando eventuali effetti ossidanti derivanti dell’esposizione a radiazioni a bassa frequenza, è emerso che 93 casi hanno confermato l’effettiva presenza di effetti di ossidazione su sistemi biologici.

Al contrario, altri studi effettuati esponendo animali alle radiazioni non hanno evidenziato nessi causali tra lo sviluppo di malattie e l’esposizione alle onde elettromagnetiche, e altri ancora hanno prodotto risultati che messi in relazione con altri studi correlati non sono in grado di stabilire con certezza un rapporto causale. Anche gli studi che smentiscono l’esistenza di effetti dannosi, sono in ogni concordi sulla necessità di verificare gli effetti sul lungo periodo e di approfondire la questione prima di procedere con l’implementazione della tecnologia.

Purtroppo, gli interessi economici in gioco sono molto elevati, e per questo motivo tutta l’industria delle telecomunicazioni spinge per completare al più presto la rete 5G. Si stima infatti che il volume di investimenti connessi alla realizzazione della rete 5G possa arrivare nel 2024 alla cifra monstre di 301 miliardi di dollari. Per questo motivo, le compagnie telefoniche e di servizi insistono sul fatto che sono ancora troppo pochi o che comunque sono inconcludenti gli studi espressamente a dedicati a provare l’esistenza di effetti nocivi derivanti dall’esposizione alle radiazioni.

Le stesse compagnie poi finanziano studi per dimostrare l’inesistenza di effetti causali tra l’esposizione alle radiazioni e l’incremento di malattie; studi considerati però poco attendibili, o per via di situazioni di conflitto d’interesse (come avvenuto per il Comitato Scientifico sui Rischi Sanitari Emergenti e Recentemente Identificati (SCENHIR)), o perché considerati dalla Comunità Scientifica espressamente progettati per produrre risultati negativi.

LO SVILUPPO DEL 5G NEL MONDO

La “corsa” al 5G è iniziata da tempo, e le maggiori potenze stanno lavorando per raggiungere la copertura totale prima degli altri, in modo da dominare il mercato. Il continente asiatico fa la parte del leone in questo caso, e in particolare la Cina con il colosso Huawei, che ha investito moltissimo negli ultimi anni sullo sviluppo della rete 5G; alle spalle gli U.S.A., dove AT&T ha già implementato la tecnologia in diverse città.

In Europa, come già detto, l’obiettivo è di realizzare entro il 2025 la “gigabit society”, quindi gli stati membri si stanno mobilitando per fornire copertura totale al 5G entro quella data. Per quanto riguarda l’Italia in particolare, il nostro paese è ben avviato: Vodafone ha fatto di Milano la capitale europea 5G, e in generale, il paese è tra quelli più avanti nella realizzazione della copertura.

In merito ai presunti effetti nocivi, l’ISS ha stabilito che “una valutazione adeguata dell’impatto di questa nuova tecnologia potrà essere effettuata solo a seguito di una conoscenza dettagliata delle caratteristiche tecniche degli impianti e della loro distribuzione sul territorio”.

Tutto questo nonostante, come detto, la sicurezza per la salute di questa tecnologia non sia stata ancora dimostrata. Al contrario, bisogna aggiungere all’equazione anche la recente pronuncia giurisprudenziale della Corte d’Appello di Torino (Corte d’Appello Torino Sez. lavoro, Sent., 13-01-2020), che ha confermato l’esistenza di un nesso causale tra l’utilizzo massivo di telefoni cellulari e lo sviluppo di tumori, sebbene non i termini assoluti, bensì sulla base di una ““legge scientifica di copertura”: cioè che supporta l’affermazione del nesso causale secondo criteri probabilistici “è più probabile che non””. Sebbene questa sentenza sia nulla dal punto di vista della valenza scientifica, non può essere ignorata per l’effetto mediatico e politico che potrebbe causare sulla percezione delle onde elettromagnetiche.

CONCLUSIONE

Nonostante non vi sia alcuna certezza degli effetti sulla salute delle onde elettromagnetiche, l’implementazione del 5G è di fatto un treno in piena corsa. Il tema richiede cautela, e le preoccupazioni sono ragionevoli; tuttavia, gli interessi economici hanno fatto sì che lo sviluppo procedesse prima di avere la certezza di essere completamente sicuro, non solo la per la salute delle persone, ma anche per l’ambiente: gli studi si sono finora concentrati nel dimostrare i potenziali effetti dannosi per le persone, ma sono a rischio anche piante, animali; un altro elemento da aggiungere al già preoccupante quadro complessivo sullo stato del pianeta.

È probabile quindi che avremo la prova della pericolosità o della sicurezza del 5G solo in futuro. Ancora una volta il progresso si dimostra inarrestabile.

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