Neuroingegneria, prospettive tecnologiche e riflessioni
La rapida evoluzione del campo delle neurotecnologie, segmento Deep Tech dalle enormi potenzialità economiche, sta rapidamente contaminando su scala planetaria laboratori di ricerca, centri clinici di applicazioni terapeutiche avanzate e -grazie agli effetti di spillover tecnologico– settori economici e sociali apparentemente molto lontani.
Da un lato le nuove neurotecnologie ridefiniscono ciò che è possibile nella ricerca, nella terapia e nelle capacità umane, dall’altro sono indispensabili approfondite considerazioni in relazione ai profondi problemi legali, etici ed alle implicazioni sociali correlate.
Il cervello umano è un organo estremamente complesso, vitale per il funzionamento ed il benessere degli individui. Ad oggi, struttura e funzionamento di questa “materia grigia” non sono ancora integralmente compresi.
Medici, psicologi, neuroscienziati (cognitivi), filosofi e giuristi cercano ininterrottamente di capire come funzioni il cervello, cosa sia la mente, come possano insorgere ed essere trattare le patologie neurologiche o psichiatriche.
Le neuroscienze costituiscono un campo altamente interdisciplinare e la ricerca nello studio del cervello ha visto una crescita esponenziale negli ultimi decenni.
Diversi sono gli sviluppi tecnologici, parte delle forze trainanti di questa crescita.
Molte sono le categorie di cui si compongono le neurotecnologie cognitive, segnatamente:
- robotica
- machine learning e artificial intelligence
- neuroingegneria: neurodevices, neuroimaging,
- neuroceuticals
Analizzeremo in questa sede alcune applicazioni neuroingegneristiche legate ai neurodispositivi e al neuroimaging.
UNO SGUARDO DI INSIEME
Prima dell’avvento dell’imaging cerebrale (come la risonanza magnetica) che ha consentito di studiare il cervello umano in vivo, gli scienziati dovevano fare affidamento sullo studio del cervello umano post-mortem o sull’uso di animali.
Le tecniche di neuroimaging (come fMRI, PET o CAT) sono utili sia per lo studio del cervello che in ambito clinico per finalità diagnostiche (ad es. MRI o EEG).
Il neuroimaging rimane uno strumento importante per aumentare la conoscenza del cervello, ma vengono condotti sempre più tentativi per riuscire ad alterare o assistere il funzionamento cerebrale mediante la tecnologia: neurodispositivi, neurofarmaceutica, cellule staminali neurali.
Questa branca di applicazioni tecno-scientifiche bio-medicali prende il nome di neuro-ingegneria, i cui progressi -ad oggi- stanno rendendo possibili migliori trattamenti per le patologie neurologiche o psichiatriche, unitamente ad una migliore comprensione del cervello.
Un altro approccio allo studio del cervello ed alla sua ingegnerizzazione è tramite il reverse engineering, nel quale i modelli di (parti di) cervello umano sono costruiti artificialmente, per migliorarne la comprensione o per agevolare la realizzazione di apparati ICT più performanti.
E’ nel campo dei neurodispositivi (come area nelle neuroscienze e discipline correlate) che la convergenza tra biologia e tecnologia è più avanzata.
Grazie agli effetti di cross-pollination e knowledge spillover, le intuizioni e le tecnologie delle neuroscienze vengono sempre più utilizzate anche in ambiti e pratiche non mediche.
I neurodevices ad esempio, stanno diventando di estremo interesse per il settore dell’entertainment (in particolare i videogiochi), per l’education (istruzione e formazione) e per il potenziamento neuro-cognitivo (cognitive enhancement).
Con quest’ultima dizione si fa riferimento alle necessità di miglioramento delle prestazioni mentali ed emotive, sia per finalità di vita privata (riduzione dell’ansia da prestazione), sia per esigenze professionali correlate alle mansioni lavorative (monitoraggio del sovraccarico cognitivo).
Il potenziamento neurocognitivo viene ricercato con un approccio eterogeneo, spesso integrato, tramite neuro imaging, stimolazione magnetica transcranica, impianti cerebrali, interfaccia cervello computer, intervento farmacologico di potenziamento tramite neuroceuticals.
Questa categoria di farmaci neuromodulatori si divide in
– cogniceuticals che amplificano i processi decisionali, di apprendimento e di memorizzazione;
– emoticeuticals intervengono sulla dimensione psico-emotiva e influenzano sentimenti stati d’animo consapevolezza, motivazioni etc;
– sensoceuticals per ripristinare o ampliare le capacità sensoriali e quindi sentire vedere odorare assaporare e sentire…. anche in modi diversi a quelli attuali;
In tutte queste pratiche emergenti, vediamo l’uso di tecnologie mediche -o funzionalmente equivalenti- da parte di individui sani, per scopi non medici, che apre tutta una serie di scenari in termini giuridici ed etici, sui cui torneremo più avanti.
Gli obiettivi principali della neuro-ingegneria sono quindi legati alla cura delle malattie, tra cui l’alleviamento dei sintomi del morbo di Parkinson o il supporto ai portatori di deficit, ad esempio aiutando i pazienti paralizzati a comunicare attraverso le interfacce cervello-computer.
I neurodispositivi utilizzati nell’ingegneria neurale, con conseguente modifica del comportamento o della cognizione, possono essere non invasivi o invasivi.
Molte di queste tecnologie richiedono ulteriore esplorazione e sviluppo per consentire di definire per quali scopi medici possano essere utilizzati, per stabilire protocolli di trattamento, per ridurne gli effetti collaterali e molto altro.
Neuro-dispositivi non invasivi, leggermente invasivi, invasivi
Il neurofeedback (EEG o fMRI neurofeedback) utilizza l’attività cerebrale, che viene registrata e visualizzata in tempo reale, per consentire ad un individuo di imparare a regolare la propria attività cerebrale, nel tentativo di abbinarla ad un parametro ottimale di riferimento, anch’esso visualizzato. Ad esempio, vengono mostrate due barre: una rappresenta l’attività cerebrale desiderata e l’altra l’attività misurata.
La persona deve quindi allenarsi a regolare la seconda barra (che rappresenta l’attività cerebrale misurata) sulla prima barra (di riferimento).
L’attività cerebrale può essere misurata con EEG (elettroencefalogramma) o fMRI (imaging di risonanza magnetica funzionale).
Il neurofeedback EEG è già offerto in ambito clinico come trattamento per l’ADHD e varie altre patologie.
Stimolazione magnetica transcranica (TMS)
I dispositivi TMS generano un campo magnetico sopra al cranio -ad una profondità di circa 3,5 cm- che influenza l’attività elettrica dei neuroni, alterando la cognizione o la funzione motoria.
Il TMS è utilizzato –ex pluris- per il trattamento della depressione refrattaria e off-label per molte altre sindromi e patologie, tra cui l’ictus.
Viene altresì utilizzato come strumento diagnostico ed in ambito di ricerca.
Vi sono riscontri scientifici indicativi di come tale tecnologia possa essere utilizzata per il miglioramento cognitivo (Luber & Lisanby 2014).
La stimolazione a corrente continua transcranica (TDC) è un’altra importante tecnologia di stimolazione transcranica che utilizza piccoli elettrodi per erogare una bassa corrente al cervello, con applicazioni mediche e di empowerment neurocognitivo.
Le interfacce cervello-computer non invasive (BCI) sono dispositivi che registrano l’attività cerebrale e la traducono in segnali che utilizzano dispositivi esterni. Gli effetti di questo controllo possono anche essere “riconsegnati” all’utilizzatore del sistema (in neuro-feedback), il che può consentirne ulteriori applicazioni.
Le BCI pertanto possono essere utilizzate per “consentire una nuova interazione in tempo reale tra l’utente e il mondo esterno” (Daly & Wolpaw 2008). Ad esempio, quando i pazienti paralizzati sono in grado di controllare una sedia a rotelle o comunicare tramite un computer, ciò consente loro di continuare a comunicare e a controllare l’ambiente circostante.
L’attività cerebrale può essere registrata con EEG (portatile) o con fMRI (non portatile). Nelle BCI non invasive, è necessario addestramento ed allenamento affinché il paziente impari ad utilizzare la BCI e a perfezionare l’algoritmo di traduzione per il singolo paziente.
Nel caso di una BCI passiva, l’attività cerebrale può essere registrata per ragioni diverse da quelle mediche, ad esempio per monitorare uno stato cognitivo (monitorare la vigilanza di coloro che svolgono lavori altamente impegnativi).
Malgrado i neurodispositivi non invasivi vengano sperimentati, o addirittura già offerti nelle cliniche, serve ancora molto lavoro per esplorare il pieno potenziale di queste tecnologie.
Tuttavia, va osservato che, anche in caso di ulteriori importanti progressi, non tutte queste tecnologie raggiungeranno il mass market: il funzionamento di fMRI neurofeedback e fMRI BCI postula la presenza di un macchinario MRI, costoso e difficilmente trasportabile.
Tali sistemi possono essere particolarmente utili nell’offrire alle persone completamente paralizzate un mezzo per comunicare o controllare l’ambiente circostante.
Il neurofeedback EEG e il TMS hanno un potenziale maggiore per essere ampiamente utilizzati in quanto sono molto meno costosi delle apparecchiature a risonanza magnetica.
Sono mobili, quindi possono essere utilizzati in vari luoghi, financo nelle case dei pazienti, con applicazioni di telemedicina. Gli EEG tradizionalmente utilizzati in ambito clinico o di laboratorio, richiedono l’applicazione tecnica di elettrodi (da poche unità a più di un centinaio) da parte di un professionista formato.
Attualmente sono già disponibili in commercio cuffie EEG (con un massimo di quattordici elettrodi) che possono essere utilizzate autonomamente dai consumatori o dai pazienti non ospedalizzati.
Questo nuovo sviluppo della tecnologia EEG rende più semplice il passaggio da usi medici a non medici. Per rendere efficaci le applicazioni all’interno e all’esterno della clinica, sono necessarie ulteriori ricerche sull’efficacia, sulla sicurezza e sui protocolli per l’uso di queste tecnologie senza supervisione professionale.
INVASIVITA’
Le Interfacce cervello-computer (BCI) possono anche essere di tipo invasivo, l’attività cerebrale viene registrata all’interno del cranio – sia sulla parte esterna della corteccia sia all’interno del tessuto cerebrale, mediante elettrocorticografia, registrazione di singoli neuroni o registrazione della griglia.
Le BCI invasive generalmente più performanti (precisione e velocità) rispetto alle BCI non invasive, ma sono ovviamente più rischiose, inoltre gli effetti di lungo periodo non sono ancora sufficientemente studiati.
Un campo di ricerca correlato è quello della neuroprostetica, che spazia dagli impianti cocleari (già ben consolidati) sino agli arti artificiali controllati dal cervello (ancora nella fase iniziale della ricerca).
Un nuovo gruppo di tecnologie per l’ingegneria invasiva del cervello è infine rappresentato dalle terapie con cellule staminali neurali.
Questo approccio mira sostituire i neuroni persi a causa di malattia (morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer) o lesioni (ad esempio un ictus o un incidente).
Alcuni approcci alla terapia sostitutiva neurale mediante l’uso di cellule staminali sono già entrati nella fase di sperimentazione clinica della ricerca, ma va sottolineato quanto sia complessa e non priva di rischi.
I nuovi neuroni dovrebbero crescere sufficientemente da poter essere integrati nel cervello: se non si sviluppassero correttamente, potrebbero ad esempio causare crisi epilettiche o dolore. D’altra parte, potrebbero anche crescere troppo bene e svilupparsi in un forme tumorali.
Tecnologia basata su neurofeedback EEG per potenziamento e intrattenimento
Sia in ambito clinico che di laboratorio, la tecnologia neurofeedback EEG viene offerta e studiata come (possibile) trattamento per condizioni come l’ADHD o l’insonnia; come già anticipato tuttavia, questa tecnologia ha attirato l’attenzione anche al di fuori del campo medico.
Diversi neuroheadset che utilizzano tecnologia EEG per registrare l’attività cerebrale possono essere acquistati sia per monitorare la reattività o lo stato di rilassamento, sia per finalità ludica: giochi basati sull’attività cerebrale.
Ad esempio, Emotiv offre una cuffia EEG “dual-use” che può essere utilizzata sia in ambito clinico, sia per meditazione neurofeedback, mindfulness e videogaming.
Neurosky offre un neuroheadset che può essere utilizzato per visualizzare la propria attività cerebrale, e che può essere utilizzato anche per i giochi e l’allenamento del cervello. L’allenamento cerebrale con neurofeedback EEG è spesso finalizzato a migliorare la concentrazione.
Alcune cliniche di neurofeedback EEG già offrono i loro servizi per consumatori sani, specialmente in ambito sportivo.
E’ doveroso sottolineare che, se i dispositivi di neurofeedback EEG vengono immessi sul mercato con una finalità non medica (gioco, rilassamento, etc.), non sono considerati dispositivi medici e non devono dunque essere conformi alle normative vigenti sui dispositivi medici, in particolare sui nuovi regolamenti MDR.
Tuttavia, dal momento che la tecnologia di neurofeedback EEG
per il gioco, il miglioramento della concentrazione ed il rilassamento è molto simile (o addirittura equivalente) a quella clinica, è logicamente prevedibile che possano verificarsi gli stessi effetti collaterali e rischi accettabili
Tra gli effetti collaterali sono riportati in letteratura sia cefalea che difficoltà ad addormentarsi a seguito dell’utilizzo di neurofeedback EEG. E’ inoltre a rischio di verificazione la induzione di crisi epilettiche, in particolare quando la tecnologia neurofeedback EEG venga utilizzata in modo errato, anche se non è ben chiara la dinamica eziologica (Stockdale & Hoffman 2001).
Ciò comporta necessariamente domande e riflessioni sulla sicurezza delle neurotecnologie, specialmente se adoperate da soggetti privi di formazione adeguata.
Neurodispositivi invasivi
Nella stimolazione cerebrale profonda (DBS), gli elettrodi sono posizionati in profondità all’interno del cervello al fine di alterare il funzionamento del cervello, sono collegati ad un generatore di impulsi tramite conduttori (fili), impiantati nel corpo.
Il generatore di impulsi viene posizionato sotto la clavicola o nell’addome. La DBS viene principalmente utilizzata per trattare i sintomi della malattia di Parkinson ed è utilizzata sperimentalmente per patologie psichiatriche come il disturbo ossessivo-compulsivo o la depressione.
La DBS tratta solo i sintomi della malattia e non cura la malattia.
A causa dei rischi e degli effetti collaterali coinvolti, ad oggi la DBS è una terapia di ultima istanza. Va segnalato che sono stati anche riportati potenziali effetti di miglioramento cognitivo.
Stimolazione profonda e riflessioni profonde
Nel trattamento dei disturbi motori e dei trattamenti sperimentali per i disturbi psichiatrici, le scoperte incidentali hanno portato a riflessioni critiche relative al corpo, alla mente ed al comportamento.
La stimolazione elettrica del cervello può portare ad effetti collaterali cognitivi inaspettati.
A titolo esemplificativo, in letteratura è riportato il caso di un soggetto divenuto bipolare a causa del suo trattamento con la DBS per il morbo di Parkinson; la terapia lo ha portato (tra le altre cose) ad intraprendere una relazione con una donna sposata, a sperperare il patrimonio familiare, ad acquistare beni immobili, a compilare una autobiografia (Leentjes et al., 2004).
Queste attività non erano assolutamente compatibili con personalità e comportamento pre-trattamento e comportarono inevitabili ricadute legali e finanziarie.
In follow-up, il paziente decise di essere ricoverato in un ospedale psichiatrico durante la somministrazione del ciclo terapeutico di stimolazione profonda.
La casistica riporta anche potenziali applicazioni non mediche della DBS: miglioramento umorale (per la felicità) e mnemonico (ricordo più dettagliato). Questi effetti sulla mente sollevano tanti tipi di riflessioni in area psicologica e psichiatrica, che esplorano la misura in cui le nostre emozioni e cognizioni possono essere manipolate, unitamente a riflessioni filosofiche sulla natura della mente e sulle conseguenze per il libero arbitrio.
Le questioni etiche e legali spaziano dalla autonomia, responsabilità e imputabilità, autodeterminazione e molto altro, in particolare sulla liceità o meno delle tecnologie DBS in ambito non medico.
OPTOGENETICA
E’ una tecnologia di recente sviluppo, spesso utilizzata in combinazione con tecnologie di imaging o di registrazione. Nell’optogenetica, i neuroni vengono selettivamente resi sensibili alla luce usando la modificazione genetica.
Quando specifici tipi di neuroni sono resi fotosensibili, la luce può successivamente essere impiegata per eccitare o inibire solo questi specifici neuroni target.
Ciò significa che i ricercatori possono studiare l’effetto dei neuroni in modi precisi e senza precedenti in campo medico-scientifico. L’optogenetica è una neurotecnologia invasiva, poiché richiede la modificazione genetica dei neuroni e l’impianto del dispositivo che fornisce la luce.
L’optogenetica come strumento di ricerca è stata finora utilizzata solo su animali, è previsto un uso clinico nell’uomo, ad esempio in combinazione con la stimolazione cerebrale profonda (Deisseroth 2010).
I neurodispositivi invasivi si trovano attualmente in diversi stadi di sviluppo, che spaziano dalla sperimentazione in vitro fino ad essere divenute una pratica consolidata.
Addirittura all’interno della stessa neurotecnologia, le possibili applicazioni si trovano a stadi diversi! La DBS ad esempio, è considerato un trattamento consolidato per le malattie dei motoneuroni, ma ancora in fase sperimentale per le condizioni psichiatriche.
La tecnologia legata agli arti neuroprostetici li rende ancora lontani dall’essere considerato come trattamento comune, ma gli impianti cocleari sono già impiegati da oltre 20 anni.
Le neuro-tecnologie invasive vantano sicuramente grandi performance ed efficacia, ma proprio in ragione della loro natura invasiva sono ontologicamente sempre più rischiose rispetto alle tecnologie non invasive.
Pertanto –ad oggi- a parità di efficacia viene sempre preferita la adozione di neurotecnologie non invasive, tuttavia significativi progressi sul fronte di un maggiore grado di sicurezza e di riduzione dei rischi/effetti collaterali, potrebbero portare ad una crescente domanda clinica di neurodispositivi invasivi.
Anche l’impiego extra-medicale dei neurodispositivi invasivi potrebbe essere un’opzione teorica percorribile, ma ad oggi non vi sono indicazioni empiriche che possano evidenziare una tendenza di questo tipo nel breve-medio periodo.
REVERSE (brain) ENGINEERING
L’ingegneria inversa del cervello può essere definita come l’analisi di cervelli esistenti o parti di essi, al fine di scoprirne i principi di progettazione, mediante la creazione di rappresentazioni del sistema in un’altra forma.
Il reverse brain-engineering cerca pertanto di ricostruire un cervello con mezzi artificiali (computer) per capirne meglio il funzionamento.
I progressi nel campo dell’ingegneria inversa del cervello possono portare a una migliore comprensione tanto del cervello sano quanto di quello malato o compromesso e potenzialmente possono condurre anche alla creazione di computer di nuova generazione, più performanti.
Poiché gli approcci di reverse engineering spesso cercano di simulare il cervello utilizzando software o hardware, le neuroscienze collaborano strettamente con le scienze dell’informazione e dell’informatica.
Esistono tre forme principali di reverse engineering:
Ingegneria inversa “stretta”, ingegneria neuromorfica e ingegneria in vitro.
L’ingegneria inversa stretta si riferisce alla simulazione del cervello tramite software. I dati sul cervello (umano o mammifero) sono usati per creare rappresentazioni virtuali di una piccola parte del cervello; ad esempio, il progetto Blue Brain ha cercato di simulare un cervello funzionante di ratto.
Il primo passo è stato ricostituire una colonna neocorticale a livello cellulare.
Per creare questa rappresentazione si è rivelato necessario l’impiego di un supercomputer IBM.
Il passo successivo è stato quello di ricreare qualcosa di simile al cervello creando più colonne e collegandole, come se si trovassero all’interno di un vero cervello. Per fare ciò, il progetto Blue Brain ha unito le forze con molti altri istituti nel progetto Human Brain: progetto rientrante tra i FET Flagship della Commissione Europea, The Human Brain project include anche il reverse engineering “stretto”, incentrato sulla simulazione del cervello umano, sulla base dell’attuale stato di conoscenze, al fine di migliorarne la comprensione.
Un altro progetto di reverse engineering su larga scala è il progetto Human Connectome dell’American National Institutes of Health (NIH), che mappa i percorsi neuronali che sono alla base del funzionamento del cervello umano.
Nell’ingegneria neuromorfica invece, l’attenzione si concentra sulla costruzione di rappresentazioni (fisiche) del cervello: realizzazione di hardware simile al cervello o ispirato da una parte del cervello.
L’obiettivo dell’ingegneria neuromorfica è quello di combinare il meglio dei due mondi per realizzare computer migliori: ad esempio, la programmabilità da computer e la capacità di apprendere e adattarsi dal cervello umano.
L’ingegneria in vitro infine, è un approccio wetware che utilizza cellule neuronali in vitro, coltivate o viventi e reti neurali. Poiché questo approccio utilizza le colture neurali come rappresentazioni del cervello, è considerato un approccio di reverse engineering, gli obiettivi principali sono quello di comprendere l’elaborazione delle informazioni con reti neuronali (in vitro) e scoprire i principi di base dell’apprendimento neuronale, della memoria, della plasticità e della connettività (Cohen et al., 2008).
USO NON MEDICO
Come già anticipato, sebbene il neurofeedback EEG (o fMRI), il TMS e la DBS siano oggi utilizzati principalmente in pratiche mediche o di ricerca, questi neurodispositivi possono anche essere potenzialmente utilizzati in un contesto non medico per la valorizzazione umana, l’intrattenimento o altri scopi sociali.
Il miglioramento umano può essere definito come l’uso della tecnologia medica per migliorare le prestazioni, l’aspetto o il benessere di individui sani e normali per scopi non medici (Schuijff & Munnichs 2012; Coenen et al., 2009).
Farmaci come il metilfenidato (Ritalin) e i beta-bloccanti sono attualmente utilizzati da persone sane per aumentare la concentrazione e ridurre l’ansia da prestazione. Tali potenziatori possono anche essere usati per finalità professionali, come per esempio i piloti che assumono modafinil (un farmaco per curare la narcolessia) per riuscire ad acutizzare la capacità di stare allerta più a lungo.
Infine, il miglioramento potrebbe non solo essere attraente per i singoli consumatori o per i professionisti, ma financo essere considerato un’opzione utile e percorribile da parte dei datori di lavoro (o dai governi) per migliorare il funzionamento dei gruppi sociali.
In generale, tutti i neurodispositivi discussi in questo articolo contribuiscono a migliorare la concentrazione e l’umore.
Vi sono attualmente alcune indicazioni e protocolli relativi alla loro efficacia, ma non è ancora chiaro fino a che punto (e per chi) potrebbero essere efficaci (per tutti o solo coloro che hanno determinate caratteristiche?). Né tantomeno è ancora chiaro quali protocolli di durata siano necessari per scopi di miglioramento (neurodispositivi come l’EEG neurofeedback e TMS richiedono più sessioni per raggiungere effetti duraturi).
Dati i requisiti per le attrezzature, i neurodispositivi per uso non medico saranno spesso disponibili in commercio solo in un contesto clinico, difficilmente home-based.
Il neurofeedback EEG viene infatti già offerto in questo modo per migliorare le capacità cognitive, atletiche o artistiche.
Nel contesto entertainment, l’uso di neurodispositivi è particolarmente interessante per i videogiocatori, in quanto offre un ulteriore livello di controllo neurale nell’esperienza ludica.
Ad esempio, il neurofeedback dell’EEG potrebbe cambiare l’aspetto dell’avatar del giocatore in base alla sua emozione e quindi divenire un modo aggiuntivo di controllare il gioco (oltre a un joystick, un joypad, o una tastiera).
In ambito corporate, le aziende potrebbero anche essere interessate ad utilizzare le neurotecnologie (come la fMRI) per il neuromarketing, che è un metodo di analitica biometrica, destinato alla comprensione profonda delle dinamiche di scelta dei consumatori, consentendo nuove tecniche di commercializzazione di prodotti e servizi.
Vanno comunque evidenziati diversi e significativi impatti sulla sfera dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, tra cui privacy, sicurezza e capacità d’agire.
Anche per quanto riguarda le interfacce cervello-computer, vi sono usi extra-medicali che potrebbero essere interessanti per le persone sane. Ad esempio, l’impiego di BCI non destinato ad essere utilizzato dal soggetto per controllare un dispositivo esterno, ma di semplice monitoraggio della attività cerebrale.
Un’applicazione potenziale potrebbe essere quella di rilevare un sovraccarico cognitivo in lavori come i controllori del traffico aereo.
Un’altra possibilità potrebbe essere quella di oggettivizzare il sentimento istintivo noto come “gut feeling” (“c’è qualcosa che non va”) degli operatori di polizia, usando le BCI per addestrarli a riconoscere meglio questo sentimento inconscio (Van Erp et al., 2012). Sebbene siano previste o ipotizzate molte applicazioni di BCI, la tecnologia BCI per scopi medici e non medici è attualmente ancora agli inizi.
Se guardiamo alle tecnologie di neuroimaging o ad altre tecnologie di registrazione del cervello, si intravedono ancora più possibilità applicative extra medicali.
È stato affermato in alcune paper che l’fMRI possa essere utilizzato per rilevare direttamente nel cervello la propensione alla pedofilia (Ponseti et al., 2012).
Vi sono anche studi indicativi del fatto che le menzogne possano essere rilevate con fMRI o che la colpevolezza possa essere individuata nel cervello tramite un EEG: da un picco in un EEG, che segnala un riconoscimento inconscio di informazioni, delle quali solo l’autore responsabile avrebbe potuto esserne a conoscenza, indipendentemente dal fatto che il soggetto “intervistato” lo ammetta.
Tuttavia, permangono dubbi sull’affidabilità di questi test e quindi se possano essere realmente utilizzati in ambito giudiziali/legale o di altro tipo (Nature Neuroscience editorial 2008; Greely 2009).
Ancora più speculative sono le possibilità di applicazione della neuromodulazione da parte dei governi nel contesto del miglioramento sociale, definito come l’uso di tecnologie biomediche da parte del governo per il bene comune (De Jong et al., 2011; Academy of Medical Sciences et al., 2012) .
I neurodispositivi potrebbero essere impiegati in modo che i dipendenti pubblici possano lavorare in modo più efficace e / o rilassarsi meglio, e come tale impiego in ambito lavorativo potrebbe aiutare a prevenire l’esaurimento (Goebel 2011).
Il neurofeedback fMRI potrebbe rendere le persone più empatiche, il che offre potenzialità di riabilitazione di alcuni criminali (Goebel 2011); idem per la stimolazione cerebrale profonda (Denys 2011).
QUESTIONI SOCIO-ECONOMICHE ED ETICO-LEGALI SUI NEURODEVICES
Questo articolo mostra chiaramente come le neuroscienze, intese come campo di ricerca trans-disciplinare, sia convergente con gli sviluppi nel campo della tecnologia dell’informazione, che ha aperto nuove possibilità per l’imaging e per nuove tipologie di interventi sul cervello e sul sistema nervoso centrale.
Allo stesso tempo, gli sviluppi nel campo dell’ICT stanno creando nuove possibilità per la mimesi (biomimetica) del cervello nei modelli software e hardware.
I nuovi approcci ingegneristici al cervello sono stati sviluppati in un contesto medico, ma offrono anche opportunità per uso non medico e per pratiche di miglioramento/potenziamento. Ciò comporta inevitabilmente nuove possibilità di intervento nei comportamenti individuali e crea quindi nuove sfide normative ed etiche.
Un problema critico che deve necessariamente essere esaminato in ottica di sviluppo responsabile e sostenibile è quello della sicurezza dell’uso di neurodispositivi al di fuori del dominio medico. In ottica di biodiritto e tecnodiritto, bioetica e tecnoetica, sono fondamentali plurime riflessioni.
A che punto una tecnologia che può essere tranquillamente utilizzata dai professionisti della medicina diviene sufficientemente matura e sicura per essere usata dai grande pubblico?
Come dosare il principio di precauzione in questo segmento tecnologico ed economico?
Come approcciarsi alla gestione dell’allocazione delle responsabilità?
Quali gli impatti sull’autodeterminazione ed il libero arbitrio?
L’uso di neurodispositivi per il potenziamento umano, consiste nell’intervenire sul corpo e sulla mente umana di individui sani, al fine di alterare capacità esistenti o creare capacità nuove, sul piano fisico, mentale ed emotive, per aumentare quantitativamente e migliorare qualitativamente l’uomo:
- Chirurgia estetica
- Doping sportivo
- Potenziamento genetico: doping genetico con interventi su gameti embrioni feti neonati bambini adulti tramite gene editing.
- Potenziamento biologico: intervenire sui meccanismi dell’invecchiamento Life Extension
- Potenziamento neuro cognitivo per migliorare prestazioni mentali ed emotive
Ricadute potenziali da anticipare:
- Enhancement divide (problemi di giustizia distributiva, gli alti costi di accesso alle tecnologie di potenziamento lo rendono accessibile solo a chi se lo può permettere finanziariamente?)
- Disparità e discriminazione si intensificheranno, aumentando il divario tra ricchi potenziati e poveri de-potenziati?
- Dual use di neurofarmaci e tecnologie di potenziamento cognitivo?
- Dovremmo considerare l’uso di neurodispositivi per il miglioramento sociale un’opzione valida o una correzione tecnologica indesiderabile per risolvere i problemi sociali?
Serve una normazione giuridica, che giustifichi alcune categorie generali di riferimento, quale orizzonte concettuale per la valutazione e la regolazione specifica delle singole tecnologie sul piano applicativo.
Fondamentale sarà la valutazione di sperimentazione, consenso informato, sicurezza, autonomia e valutazione di impatto sui diritti umani e libertà fondamentali.