NFT e Musica: un nuovo modello di Business?
Dopo gli approfondimenti dedicati alla diffusione degli NFT nel mondo dell’arte, dello sport, della moda e del gaming, eccoci ora ad affrontare l’argomento più caldo del momento con riferimento ad un altro settore con cui gli NFT potrebbero risultare particolarmente affini, quello musicale.
Come al solito, prima di procedere consigliamo di ripassare i termini e i temi principali connessi agli NFT con le nostre guide sull’argomento, in particolare la nostra panoramica generale sugli NFT e la nostra guida operativa.
In ambito musicale sono già diversi gli artisti che hanno deciso di “buttarsi” negli NFT, rilasciando singoli o addirittura interi album in questo formato.
La band americana Kings of Leon ha fatto da apripista, pubblicando l’intero album “When you see yourself” in versione NFT, il cui acquisto garantisce ai fan una serie di vantaggi speciali, tra cui posti in prima fila riservati ai concerti.
Per la verità, ancora prima era stato ripubblicato in versione NFT l’album di esordio del rapper Jay-Z, anche se ne è poi nata una controversia legale, poiché la pubblicazione dell’NFT è avvenuta ad opera del co-fondatore, assieme allo stesso Jay-Z, della “RAF”, casa di produzione dell’album, ma senza il consenso di Jay-Z.
Questo episodio ci racconta subito uno dei possibili problemi degli NFT, che abbiamo già illustrato nei nostri approfondimenti sul tema, ossia che chiunque può creare un NFT di qualsiasi oggetto, e tale NFT, anche se non emesso dall’autore del bene materiale originale, sarà comunque una copia valida di quell’oggetto.
Ma andiamo con ordine. Come sappiamo, un NFT costituisce una copia digitale immodificabile, unica ed autentica, di un determinato bene cui il token è associato. Il token può essere accompagnato da una serie di informazioni o di smart contracts che garantiscono al proprietario la possibilità di usufruire di vantaggi come quello che abbiamo visto dall’album dei Kings of Leon.
Le caratteristiche degli NFT sembrano adattarsi in modo particolare ad un settore come quello musicale, sia da un punto di vista artistico che da quello dei fan, perché potenzialmente possono rendere il rapporto tra le due parti ancora più stretto e coinvolgente, a vantaggio di entrambi.
L’artista infatti ha un canale di vendita della propria musica ulteriore e diverso dalle tradizionali piattaforme streaming (che trattengono gran parte degli introiti derivanti dall’ascolto), mentre i fan hanno la possibilità di avere un contatto più diretto con il proprio artista preferito e di essere quindi “ricompensati” maggiormente per la propria fedeltà e passione.
Oltre a questo aspetto di fidelizzazione, più in generale, chiunque conosca anche superficialmente il mondo degli NFT sa che questo fenomeno risulta particolarmente appetibile (almeno per ora) per i collezionisti.
L’NFT garantisce infatti la possibilità di emettere diverse versioni “speciali” della stessa opera originale: un modo per garantirsi più opportunità di vendita dello stesso bene, reso tuttavia volta per volta unico per via di determinate peculiarità che lo differenziano dalle altre versioni e dall’opera originale (un esempio attuale: Bored Ape Yacht Club, un’immagine con il disegno di un primo piano di una scimmia, sempre diversa per espressione visiva, acconciatura e vestiti, per cui il web è letteralmente impazzito).
Proprio in funzione musicale, l’NFT di un brano permetterebbe la pubblicazione del brano “base” sulle normali piattaforme, e la vendita dello stesso brano come NFT, con delle versioni riarrangiate o con modifiche particolari e speciali.
Una possibilità che ben si sposa con un altro trend in ambito musicale e tecnologico, ossia l’utilizzo di intelligenze artificiali per la creazione di brani: progetti sul modello di Bored Apes Yacht Club, basati su musica di tipo “generativo”, ossia realizzata da una AI apposita partendo da un template predefinito.
Si tratta di una possibilità per l’artista con implicazioni maggiori rispetto al semplice ritorno economico.
Consideriamo infatti quanto l’industria musicale sia influenzata dalla necessità di massimizzare gli ascolti. Questa necessità modifica la produzione musicale, imponendo rigidi standard in termini di durata dei brani e di sonorità.
Ebbene, la possibilità di rilasciare versioni alternative, non condizionate dalle necessità di massimizzazione della riproduzione dei brani, rappresenta l’occasione migliore per l’artista per ottenere riconoscimento economico anche dalla propria idea originale, o almeno di un prodotto non libero dai vincoli imposti dall’industria.
Va sottolineato però che il ricorso alle AI cui abbiamo accennato potrebbe anche sollevare problemi relativi alla proprietà di quanto creato dall’intelligenza artificiale, in un quadro già di per sé complicato per quanto riguarda gli aspetti legali e normativi degli NFT (si veda la nostra panoramica generale sugli NFT).
Da un lato quindi la versione speciale del brano sarà appetibile per i fan, ulteriormente incentivati magari da altri benefit come biglietti per i concerti, che potranno anche fregiarsi di aver creduto in un artista e magari riguadagnarci rivendendone gli NFT una volta che questo ha raggiunto l’apice del successo; dall’altro, la rarità del brano (anzi, la sua unicità) attira i collezionisti e gli speculatori.
La rarità è un fattore chiave per i cd “cryptoentusiasti”, soprattutto per quanto riguarda il pricing degli NFT, tanto che esiste una vera e propria industria sotterranea che si occupa di aiutare i “coniatori” a generare delle tabelle di rarità per i propri NFT (un esempio di questo tipo in ambito musicale: SoundArts).
Un’altra possibilità data dagli NFT in ambito musicale è costituita dal cosiddetto blind minting, per cui un investitore acquista “al buio” un NFT senza conoscerne l’esatta combinazione di elementi che ne determinerà la rarità.
Una pratica che tuttavia è potenzialmente foriera di critiche, dal momento che il meccanismo sembra molto simile a quello delle loot boxes nei videogames, accusate di favorire il gioco d’azzardo.
D’altra parte, va riconosciuto che queste potenzialità potrebbero non trovare piena realizzazione, in parte a causa di limiti connaturati al prodotto musicale, in parte perché la conoscenza e la diffusione degli NFT, per quanto sia stata dirompente nell’ultimo periodo, è ancora tutto sommato limitata proprio ai crypto-fan.
Investire negli NFT richiede infatti una discreta conoscenza della tecnologia, prima ancora delle capacità finanziarie, e questo è un problema relativo agli NFT in generale, a prescindere dal tipo di bene cui si legano.
Inoltre, a differenza degli NFT che potremmo chiamare “raffigurativi”, ossia legati ad un prodotto visivo riconoscibile e distinguibile, la cui rarità è più immediatamente apprezzabile, gli NFT “musicali” risultano meno fruibili, poiché i tratti distintivi possono essere minimi o meno facilmente apprezzabili.
Anche in questo caso quindi, gli NFT si presentano (al momento) come un fenomeno appannaggio perlopiù esclusivo di speculatori e collezionisti, e molto meno dei fan.
È difficile, pertanto, dare una previsione di quanto gli NFT sapranno affermarsi presso una platea più ampia rispetto ai soli speculatori, una volta che la bolla di hype si sarà sgonfiata, tenendo in considerazione anche il fatto che ad oggi si tratta di una tecnologia molto dispendiosa in termini energetici, con un costo ambientale difficilmente tollerabile, specie in un momento come quello attuale di presa di coscienza collettiva dei problemi climatici e dei differenti profili di impatto ambientale delle tecnologie.